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venerdì 16 ottobre 2009

Istituiti due centri di raccolta di beni di prima necessità

P rosegue la mobilitazione per portare gli aiuti alle popolazioni del Messinese colpite dalla frana dei giorni scorsi.
Ieri il presidente della Provincia di Messina, Nanni Ricevuto, in una nota ha comunicato la costituzione di una task force , composta da alcuni assessori e consiglieri provinciali,
La Provincia allestisce una task force per attuare una serie di interventi urgenti Creato un punto informativo e di ristoro per le persone impegnate nei soccorsi alle popolazioni che hanno dovuto lasciare le loro case a seguito dell’alluvione
per attuare gli interventi urgenti dopo l’alluvione.
Sono stati allestiti a Briga Marina due gazebo, in un’ala di una struttura polifunzionale dismessa, che serviranno da centro di raccolta e smistamento dei beni di prima necessità.
La task force sta, inoltre, selezionando il vestiario presente nei magazzini dell’Iria di Sant’Agata di Militello per metterlo a disposizione degli sfollati. Nel centro di Briga Marina sarà istituito anche un punto di ristoro a disposizione dei soccorritori, dei giornalisti e di tutti coloro che si stanno prodigando negli interventi per la popolazione.
Totale disponibilità è stata espressa dagli imprenditori, dai commercianti e dalla famiglia Faranda che, con la cospicua fornitura di derrate alimentari e di acqua, stanno contribuendo fattivamente all’emergenza umanitaria. A Roccalumera, d’intesa col sindaco, Gianni Miasi, e con i sindaci del collegio di Taormina, è stato attivato un centro di raccolta e smistamento di prodotti alimentari ed abbigliamento nel ' Palatenda' di Roccalumera, destinati alle vittime della calamità naturale.
Il presidente della Provincia regionale, Nanni Ricevuto, ha incaricato l’assessore provinciale alla Solidarietà sociale, Pio Amadeo, di coordinare le operazioni di raccordo con enti, Comuni, associazioni e privati.
Una volta pervenuti nel centro di ammassamento di Roccalumera, gli aiuti verranno razionalmente distribuiti a seconda delle esigenze e delle richieste del centro di coordinamento dei soccorsi. È stato anche predisposto un elenco dei beni. Per contattare il centro di ammassamento del Palatenda è possibile chiamare ai numeri 0942/ 747215 - 0942747216.
(Avvenire 7 ottobre 2009)
Maria Gabriella Leonardi

«Il dramma ha unito la comunità»

a parrocchia di Sant’Agata, nel co­mune di Alì, è diventata un centro di raccolta da cui partono gli aiu­ti per le zone colpite dalla frana di gio­vedì scorso. Il parroco, don Vincenzo D’Arrigo, racconta:«Un furgone ha por­tato a Giampilieri saponi e prodotti per la pulizia personale. Un altro è andato a Scaletta Zanclea con generi alimenta­ri e acqua. Ogni gior­no partono da qui due furgoni per le due comunità». Don Vincenzo è parroco, insieme a un altro confratello, anche della comunità “Ma­donna del Carmelo” di Scaletta Zanclea, 1.600 persone. Quel giovedì nero, duran­te le forti piogge e la frana, per fortuna le celebrazioni si stavano svolgendo altro­ve e dentro la chiesa di Scaletta Zanclea non c’era nessuno, altrimenti sarebbe­ro morti tutti. «I miei parrocchiani che non hanno subito danni eccessivi alle loro case – racconta – sono ancora a Sca­letta. Gli altri sono stati portati in vari alberghi di Messina. Ci fanno sapere di cosa hanno bisogno e noi cerchiamo di fare avere loro quanto serve. La chiesa di Scaletta Zanclea è completamente sommersa dal fango. Ho assistito ai la­vori di sgombero: qualcosa di impres­sionante da vedere! Non avendo dove celebrare la Messa, domenica abbiamo celebrato all’aperto, nella piazza della stazione, a Scaletta». Don Vincenzo te­stimonia quanto questa sciagura fosse prevedibile e la chiara responsabilità dell’uomo: «Sono originario di Giampi­lieri – spiega –. Ricordo che quand’ero giovane queste montagne erano un giar­dino, c’erano ulivi, alberi di carrubo. Col tempo numerosi incendi, di indubbia matrice dolosa, le hanno devastate. Non c’erano più alberi le cui radici potesse­ro trattenere queste frane».
Nell’altra comunità colpita dalla trage­dia, Giampilieri Superiore, 450 abitan­ti, il parroco, don Giovanni Scimone, è sempre sui luoghi del disastro, si assen­ta solo per consumare i pasti a Messina: «Siamo qui ad assistere la popolazione, insieme ad altri sacerdoti, a mettere in sicurezza le nostre chiesa, c’è un gran da fare in questo groviglio di fango e di pietre». Don Giovanni il giorno della fra­na era a Messina e per questo era stato dato pure per disperso:«Per due giorni qui è mancata la luce e la linea del te­lefono. Non potevamo comunicare tra di noi e ognuno ha temuto per la vita degli altri. C’è una grande unione nel paese tra tutti i parrocchiani. Sono mor­ti giovani e bambini, e si è creata una grande coesione, come se fossimo una sola grande famiglia. Tutta la città sta ri­spondendo all’appello dell’arcivescovo che ha chiesto di inviare alle popola­zioni colpite vestiario e cibo. Speriamo che anche i governanti facciano la loro parte».
(avvenire 6 ottobre 2009)
Maria Gabriella Leonardi

lunedì 5 ottobre 2009

«Quelle case crollate una ferita lancinante»


L a hall luccicante dell’hotel Capo Pelo­ro resort stride con la tragedia degli sfollati di Giampilieri che sono stati portati qui. Seduti sui divani di un albergo di lusso ci sono anziani che hanno perso la loro casa, parenti e conoscenti. E un andi­rivieni di giovani volontari che prestano aiu­to. Pippo Oliva è uno degli sfollati di Giam­pilieri. Nella sua vita non fa il volontario, ma dinnanzi alla sventura che ha colpito la sua gente sta facendo tutto quello che può per prestare soccorso ai suoi paesani. «Casa mia è illesa – racconta – la mia famiglia, mia mo­glie, i miei bambini, i miei suoceri sono tut­ti qua. Io mi sento ancora bene e mi sento di aiutare questi ragazzi per i miei concittadi­ni: e lo faccio con tutto il cuo­re. Da due notti non dormo e so­lo oggi ho man­giato qualcosa». Al Capo Peloro resort gli sfollati sono un centi­naio. Pippo dà una mano ai vo­lontari che hanno stilato una prima lista del­le medicine necessarie, un altro elenco in­dica chi ha bisogno di assistenza medica. Hanno provveduto per il vestiario e per il pranzo.
Oliva presta soccorso pur essendo ancora sconvolto per questa tragedia: «Giovedì ha piovuto a dirotto dalle cinque del pomerig­gio. Con una tale violenza che non si pote­va uscire di casa. Dopo le 20,30 chi era nel­le abitazioni aveva capito la gravità di quel­lo che stava accadendo, anche perché si sa­peva come erano conciati i costoni della montagna. Abbiamo pensato al peggio, ma mai sino a questo punto. Una parte della montagna è venuta giù e tutte le case che stavano sotto sono crollate le une sulle al­tre: una ferita lancinante che non si rimar­ginerà mai. Siamo usciti nella notte, al buio, con le torce. C’era puzza di gas. Siamo an­dati in paese, ma era intransitabile. Ci sia­mo subito resi conto che nei punti più cri­tici non c’era niente da fare, e abbiamo a­spettato i soccorsi. Tutti i volontari sono da elogiare».
Pippo, come molti dei suoi compaesani, non nasconde la rabbia: «Nel 2007 c’era stata già una frana devastante. La popolazione ave­va allertato le autorità di quello che poteva accadere. Ora sono morte tante persone: mamme con figli, ragazzi di trent’anni mor­ti senza motivo. Abbiamo trovato anche u­na donna incinta travolta dal fango. Perché tutto questo? Perché? Ci hanno sempre det­to che non c’erano soldi per mettere in si­curezza la zona. E allora noi muoriamo».
«Ci hanno sempre detto che non c’erano soldi per mettere in sicurezza la zona. E allora noi muoriamo»
Maria Gabriella Leonardi
(Avvenire 4 ottobre 2009)

martedì 29 settembre 2009

Acireale, un cammino triennale per la pastorale giovanile


Si parte! Il primo ottobre il Servizio per la Pastorale Giovanile della Diocesi di Acireale inizierà il proprio cammino con la Festa della Gratitudine, per ringraziare il Signore...prima di iniziare il viaggio. E si parte con una pastorale giovanile rinnovata: nuovi sono il Direttore e il suo vice, don Mario Gullo e don Gaetano Pappalardo; nuova è l'istituzione ad Acireale della Consulta diocesana di pastorale giovanile; nuovi, infine, sono i membri della pastorale, la "PG family" formata dall'equipe di pastorale giovanile, dai membri della Consulta, movimenti, oratori e associazioni giovanili. Per presentare il cammino dei giovani il vescovo di Acireale, monsignor Pio Vigo, in un messaggio, ha scritto: «la pastorale giovanile ha preparato il suo Progetto, scritto con tanta speranza nel cuore, sapendo guardare all'oggi e al domani dei giovani. Esso accompagna a trovare le risposte essenziali ai tanti interrogativi che nascono nell'animo dei giovani e indica la meta da raggiungere: "Che tutti siano uno"».
Il Progetto si articola in tre anni: il primo è dedicato all'ecclesialità (2009-10) e punterà sulla necessità di passare da un'idea di chiesa "chiusa" dentro le sue mura ad una chiesa "Scuola del Vangelo". Tra le iniziative in cantiere, laboratori di ecclesialità (ChiesaLab) e incontri con gli studenti delle scuole superiori su "Giovani e Dottrina Sociale della Chiesa". Il 2010-11 sarà l'anno della spiritualità , dedicato all'importanza del colloquio con Dio; previsti, tra l'altro, momenti di evangelizzazione nelle scuole e nelle strade e un convegno diocesano su "Giovani e spiritualità di Comunione". Il terzo anno (2011-12) sarà dedicato alla missionarietà e punta ad educare i giovani a un vivere missionario, al risparmio delle risorse, al rispetto reciproco, all'amore per il prossimo, anche se lontano.
Maria Gabriella Leonardi
Avvenire 29 settembre 2009

lunedì 21 settembre 2009

L'amore per la vita è più forte della burocrazia


Nel bilancio della Regione Siciliana compare, da qualche anno, un capitolo a favore della Federazione dei Movimenti per la Vita e dei Centri di aiuto alla vita dell’isola. «La Federazione, che sin dall’inizio ha cercato di seguire le istanze di contributo, è grata a coloro che si sono spesi per raggiungere questo risultato ma sinora - riferiscono dalla Federazione - per motivi burocratici, nessun MPV o CAV ha potuto usufruirne».
Per fortuna l’amore per la vita è più forte anche della burocrazia e supplisce spesso alle carenze del pubblico. Basti pensare all’attività del Cav di Agrigento, presieduto da Angelo Marongiu. In 9 anni di vita il Cav della città dei templi ha salvato dall’aborto circa 500 bambini. Ogni settimana, il giorno del ricevimento, dietro la porta dell’associazione circa 150 persone aspettano il loro turno. Agrigento è una città “di confine”. «Una buona metà dei nostri assistiti sono stranieri – spiega Marongiu – tutto il mondo è presente qui». Per queste persone che arrivano in Italia e hanno già tanti problemi, spesso una gravidanza è solo un problema in più. I volontari del Cav aiutano le mamme con il progetto Gemma, con alimentari, pannolini e quanto può servire. Quando è possibile, cercano di procurare anche un lavoretto ai mariti. Concluso il progetto Gemma non si abbandonano le coppie assistite, ma si cerca di affidarle alla comunità parrocchiale in cui risiedono.
Giovanissimo è invece il MPV e CAV di Mistretta onlus, nel messinese, che ha un anno di vita. «Accogliere la vita concepita è difficile quando non c’è la sicurezza economica – afferma il presidente Angela Provenzale -. Il Cav si regge sull’autofinanziamento o sulle offerte e alle nostre richieste molti hanno donato con generosità. Degli studenti hanno destinato al Cav le offerte raccolte in suffragio della loro amatissima professoressa, facendoci pensare alla possibilità di continuare a raccogliere per i funerali le offerte di chi non vuole fiori. Il bisogno delle mamme ci spinge ad essere pungolo per i servizi sociali del nostro Comune, perché le aiutino, soprattutto quando chi aiutiamo è straniero. Allora si combatte con documenti, il rinnovo del permesso di soggiorno che impiega più di un anno ad arrivare e l’assegno di maternità dell’Inps. I servizi sociali ci conoscono anche per l’insistenza con cui da un anno chiediamo che si concretizzi un progetto che attinga ai fondi della legge 328. Non ci siamo ancora riusciti, ma non molliamo: la vita è un miracolo, ma vuole il nostro amore e grande impegno».
Maria Gabriella Leonardi
20 settembre 2009

venerdì 11 settembre 2009

Il concepito è rilevante per l'ordinamento. Intervista al prof.Giovanni Di Rosa


Una sentenza del Tribunale civile di Roma, per la prima volta, equipara, nell'ambito di una causa per un risarcimento, il danno per la perdita di un nascituro a quello per la morte di un figlio nato. La sentenza si riferisce alla vicenda di una mamma, giunta alla trentunesima settimana di gravidanza all'ospedale Villa S.Pietro di Roma. Qui la donna è stata assistita con negligenza e per questo ha perso il bambino che portava in grembo ed è incorsa in una grave tromboflebite con embolia polmonare. Il Tribunale di Roma ha condannato l'ospedale a risarcire la donna non solo per il danno alla salute che ha subìto, ma anche per aver perduto il figlio di cui era incinta. Il prof. Giovanni Di Rosa, ordinario di Istituzioni di diritto privato presso l'Università di Catania, nonché presidente dell'associazione "Scienza e Vita" di Catania spiega la peculiarità di questa sentenza.
Professore, c'erano state in passato sentenze analoghe a questa di Roma?
«Nel 1989 una sentenza del Tribunale di Verona ha riconosciuto il diritto per il danno che il concepito ha subìto a seguito di una erronea operazione compiuta durante il parto. Chiaramente è una posizione fatta valere dai genitori, nell'interesse del concepito che vanterebbe una legittima aspettativa a nascere e a nascere sano. Questo principio è stato ripreso da altre sentenze nel corso del tempo, l'ultima delle quali è stata emessa dalla Cassazione lo scorso maggio e ripropone lo stesso indirizzo assegnando il risarcimento per i danni subìti durante la gravidanza».
In cosa la sentenza del Tribunale di Roma si differenzia da queste altre due?
Nelle due precedenti il riconoscimento della tutela è subordinato alla nascita del concepito. La sentenza di Roma invece riconosce la tutela assicurando il risarcimento alla madre per la perdita del figlio concepito e non nato. Quindi, rispetto a quanto prevede l'art.1 del Codice Civile si dà un'interpretazione che finisce per anticipare, in qualche modo, la capacità giuridica al momento del concepimento».
Questa "conquista" potrà valere sempre?
«La sentenza testimonia che l'ordinamento non è indifferente alle esigenze di tutela dell'individuo non ancora nato. Ma mi chiedo quanto questo interesse sarà preso in considerazione in presenza di altri interessi ritenuti superiori? Ad esempio, in presenza dell'interesse alla tutela della vita della madre, delle sue condizioni di benessere psico-fisico (vedi la legislazione in tema di aborto) oppure tutte le volte in cui non si impiantano gli embrioni che vengono crio-conservati perché l'impianto è contrario all'interesse della madre. In questi casi la tutela del concepito è sacrificata per interessi ritenuti superiori».
I due interessi non possono coesistere?
«No, perché le situazioni limite dell'interruzione volontaria della gravidanza e della procreazione medicalmente assistita dimostrano che entrambi gli interessi non possono (se contrapposti) essere tutelati e dovendo scegliere tra la tutela del concepito e della madre, nel rispetto di certe condizioni, sostanzialmente si finisce per tutelare sempre la madre. Sono stati abbandonati da tempo quei progetti di legge che prevedevano una modifica del Codice Civile per fare acquistare all'individuo capacità giuridica al momento del concepimento. Per l'ordinamento, il concepito, sin quando non è nato, non è un soggetto giuridico come tutti gli altri. Ma questa sentenza è un'apertura che deve indurre alla riflessione soprattutto nel dibattito relativo alla possibile riforma delle linee guida in materia di procreazione medicalmente assistita e in tema di corretta applicazione della legge sull'aborto. Questa sentenza potrebbe essere uno stimolo per dire "il concepito è comunque una realtà rilevante per l'ordinamento tant'è vero che in caso di sua perdita il risarcimento viene equiparato alla perdita di in figlio già nato". E' uno spunto che può essere valorizzato, ma se non viene inserito in un quadro complessivo, resterà solo a presidiare (per sanzionarli) gli operatori sanitari».
Maria Gabriella Leonardi
(E' Vita 10 settembre 2009)

venerdì 7 agosto 2009

Prevenzione sismica, Catania senza fondi


nche Catania scende in campo per una cultura della prevenzione sismica. «Come Protezione civile – spiega l’ingegnere Giovanni Spampinato, dirigente responsabile del Servizio regionale di Catania – stiamo facendo molto, in relazione agli strumenti che abbiamo a disposizione: l’ordinanza n.3274 del 2003 della Presidenza del Consiglio dei Ministri prescrive a tutti gli enti di procedere alle verifiche dei propri immobili. Stiamo, quindi, sollecitando tutti gli enti a compierle. Ma c’è poi c’è il problema delle risorse finanziarie: dopo che si accerta che un edificio non risponde alle norme di sicurezza, sono necessarie delle risorse per intervenire ». L’ingegnere sottolinea la necessità che si diffonda una cultura della prevenzione sismica anche tra i cittadini: «Si ristruttura casa - sottolinea - per cambiare le piastrelle, i pavimenti: ma quanti pensano a rendere la casa davvero più solida e sicura?».
La provincia di Catania è una zona sismica e l’attività della Protezione civile è intensa: «Da un po’ di tempo c’è un particolare riguardo per le scuole - prosegue Spampinato - . Si tratta di una campagna nazionale e a Catania stiamo procedendo, di concerto con il Provveditorato alle opere pubbliche, ad una verifica di tutte le scuole non solo sotto l’aspetto strutturale ma anche di tutti quegli elementi non strutturali e che in caso di sisma possono creare problemi » . A risvegliare l’attenzione sulla sicurezza antisismica è stato il terremoto in Abruzzo. Per quanto riguarda gli ospedali, in base all’ordinanza n.3274, le Asl sono chiamate a verificare la solidità delle strutture di competenza. A Catania la Protezione civile, oltre che nelle attività di prevenzione, è impegnata anche sul fronte della ricostruzione post sisma. È notizia di pochi giorni fa l’esaurimento di tutti i fondi a disposizione per la ricostruzione nei Comuni colpiti dal terremoto del 2002 e l’attesa di altri fondi. Sono stati sinora ricostruite 27 opere pubbliche per un valore di 20milioni di euro circa e finanziate 1.022 pratiche di ricostruzione di edifici privati, per un valore d 51milioni di euro circa. Ma servono ancora fondi per ricostruire 90 opere pubbliche che valgono 116milioni di euro e finanziare altre 1434 pratiche relative ad edifici privati. La buona notizia è che, rispetto al passato, la ricostruzione post sisma è più celere e a proposito del terremoto del 2002 l’ingegnere Spampinato sottolinea: «Siamo nel 2009 e abbiamo esaurito tutti gli interventi sugli edifici pubblici: abbiamo ripristinato tutte le scuole di Santa Venerina, Giarre ed Acireale ed eseguito interventi anche a Zafferana Etnea e Milo».
Maria Gabriella Leonardi
Avvenire 7 agosto 2009