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domenica 25 ottobre 2009

La Diocesi di Acireale organizza due giornate di studio e solidarietà verso gli immigrati


Gli uffici Caritas migranti e pastorale sociale della Diocesi di Acireale (Ct), insieme a Liberacittadinanza, organizzano due giornate di studio e di solidarietà verso gli immigrati. In un manifestino, gli organizzatori spiegano: «respingere chi chiede aiuto, ci dice il Vangelo, è un peccato gravissimo: “Ero forestiero e voi non mi avete ospitato…”». L’iniziativa di sensibilizzazione mira a dire “no” alle stragi del Mediterraneo e ai respingimenti di massa di persone intercettate o soccorse in mare, o comunque prima che possano esercitare il diritto di richiesta d’asilo. Viene inoltre sostenuto che è necessario che tutti gli operatori del servizio sanitario, delle scuole e delle strutture pubbliche prestino assistenza a tutti coloro che lo richiedano, senza alcun tipo di esclusione.
Lunedì 26 si terrà la prima delle due giornate: alle ore 9,30, nell’istituto tecnico industriale “Ferraris” di Acireale porteranno agli studenti la loro testimonianza Salvatore Cancemi, capitano del motopeschereccio “Twenty Two” che ha salvato 300 migranti a largo di Lampedusa; il dott.Tino Bonaccorso, dirigente medico presso la Azienda sanitaria provinciale di Catania; lo scrittore Massimiliano Perna, membro del Centro diritti umani “Arrakkè” di Siracusa e Fabrizio e Bruno Urso, autori del documentario “Pescatori di uomini”. Nel pomeriggio, si terrà un incontro con la cittadinanza nel cinema Margherita: oltre agli ospiti della mattina, interverranno anche il Vescovo di Mazara del Vallo, mons.Domenico Mogavero, il vescovo di Acireale, mons. Pio Vittorio Vigo e Cettina Monsone, responsabile dell’ufficio stranieri della Cgil di Catania. Venerdì 13 novembre è in programma la seconda giornata di studio e solidarietà nella parrocchia “S.Paolo” di Acireale. Interverranno la Caritas diocesana, l’assessorato alla solidarietà sociale del Comune di Acireale, Giusy Milazzo, responsabile provinciale politiche sociali della Cgil di Catania, e rappresentanti dell’Università popolare, della comunità S.Camillo e di Liberacittadinanza.
Maria Gabriella Leonardi
Avvenire 25 ottobre 2009

venerdì 16 ottobre 2009

ALLEANZA CARITAS-PROVINCIA PER FARE FRONTE ALLE POVERTÀ ESTREME


Sono in aumento le povertà estreme nella provincia di Catania . È emerso ieri durante una conferenza stampa congiunta tra Caritas diocesana catanese e Provincia regionale di Catania . Il direttore della Caritas diocesana di Catania , padre Valerio Di Trapani ha evidenziato che è aumentata la frequenza con cui le persone accedono ai servizi: solo nel 2009 ci sono stati oltre 30mila contatti, con un aumento del 32% degli italiani. Diminuiscono invece gli accessi ai servizi di prima accoglienza da parte degli stranieri. Per arginare il fenomeno, Caritas e Provincia regionale stanno sviluppando nuovi servizi. A partire da 'La Locanda del Samaritano' per accogliere indistintamente uomini, donne e bambini. Grazie anche al contributo di 50mila euro erogato dalla Provincia regionale di Catania , partirà questo mese la ristrutturazione di questo nuovo centro H24 della Caritas, che nascerà in via Santa Maddalena, nei locali del dormitorio femminile. La Locanda sarà anche sede di un osservatorio del mondo del disagio e di una Università della Povertà, uno spazio di formazione nella logica della ricerca-azione. Attivato anche un fondo provinciale per le nuove povertà con uno stanziamento di 100 mila euro. Il presidente della Provincia Giuseppe Castiglione ha riferito di un importante progetto avviato insieme la Fondazione per il Sud per il quartiere di Librino.
(16 ottobre 2009)
Maria Gabriella Leonardi

Istituiti due centri di raccolta di beni di prima necessità

P rosegue la mobilitazione per portare gli aiuti alle popolazioni del Messinese colpite dalla frana dei giorni scorsi.
Ieri il presidente della Provincia di Messina, Nanni Ricevuto, in una nota ha comunicato la costituzione di una task force , composta da alcuni assessori e consiglieri provinciali,
La Provincia allestisce una task force per attuare una serie di interventi urgenti Creato un punto informativo e di ristoro per le persone impegnate nei soccorsi alle popolazioni che hanno dovuto lasciare le loro case a seguito dell’alluvione
per attuare gli interventi urgenti dopo l’alluvione.
Sono stati allestiti a Briga Marina due gazebo, in un’ala di una struttura polifunzionale dismessa, che serviranno da centro di raccolta e smistamento dei beni di prima necessità.
La task force sta, inoltre, selezionando il vestiario presente nei magazzini dell’Iria di Sant’Agata di Militello per metterlo a disposizione degli sfollati. Nel centro di Briga Marina sarà istituito anche un punto di ristoro a disposizione dei soccorritori, dei giornalisti e di tutti coloro che si stanno prodigando negli interventi per la popolazione.
Totale disponibilità è stata espressa dagli imprenditori, dai commercianti e dalla famiglia Faranda che, con la cospicua fornitura di derrate alimentari e di acqua, stanno contribuendo fattivamente all’emergenza umanitaria. A Roccalumera, d’intesa col sindaco, Gianni Miasi, e con i sindaci del collegio di Taormina, è stato attivato un centro di raccolta e smistamento di prodotti alimentari ed abbigliamento nel ' Palatenda' di Roccalumera, destinati alle vittime della calamità naturale.
Il presidente della Provincia regionale, Nanni Ricevuto, ha incaricato l’assessore provinciale alla Solidarietà sociale, Pio Amadeo, di coordinare le operazioni di raccordo con enti, Comuni, associazioni e privati.
Una volta pervenuti nel centro di ammassamento di Roccalumera, gli aiuti verranno razionalmente distribuiti a seconda delle esigenze e delle richieste del centro di coordinamento dei soccorsi. È stato anche predisposto un elenco dei beni. Per contattare il centro di ammassamento del Palatenda è possibile chiamare ai numeri 0942/ 747215 - 0942747216.
(Avvenire 7 ottobre 2009)
Maria Gabriella Leonardi

«Il dramma ha unito la comunità»

a parrocchia di Sant’Agata, nel co­mune di Alì, è diventata un centro di raccolta da cui partono gli aiu­ti per le zone colpite dalla frana di gio­vedì scorso. Il parroco, don Vincenzo D’Arrigo, racconta:«Un furgone ha por­tato a Giampilieri saponi e prodotti per la pulizia personale. Un altro è andato a Scaletta Zanclea con generi alimenta­ri e acqua. Ogni gior­no partono da qui due furgoni per le due comunità». Don Vincenzo è parroco, insieme a un altro confratello, anche della comunità “Ma­donna del Carmelo” di Scaletta Zanclea, 1.600 persone. Quel giovedì nero, duran­te le forti piogge e la frana, per fortuna le celebrazioni si stavano svolgendo altro­ve e dentro la chiesa di Scaletta Zanclea non c’era nessuno, altrimenti sarebbe­ro morti tutti. «I miei parrocchiani che non hanno subito danni eccessivi alle loro case – racconta – sono ancora a Sca­letta. Gli altri sono stati portati in vari alberghi di Messina. Ci fanno sapere di cosa hanno bisogno e noi cerchiamo di fare avere loro quanto serve. La chiesa di Scaletta Zanclea è completamente sommersa dal fango. Ho assistito ai la­vori di sgombero: qualcosa di impres­sionante da vedere! Non avendo dove celebrare la Messa, domenica abbiamo celebrato all’aperto, nella piazza della stazione, a Scaletta». Don Vincenzo te­stimonia quanto questa sciagura fosse prevedibile e la chiara responsabilità dell’uomo: «Sono originario di Giampi­lieri – spiega –. Ricordo che quand’ero giovane queste montagne erano un giar­dino, c’erano ulivi, alberi di carrubo. Col tempo numerosi incendi, di indubbia matrice dolosa, le hanno devastate. Non c’erano più alberi le cui radici potesse­ro trattenere queste frane».
Nell’altra comunità colpita dalla trage­dia, Giampilieri Superiore, 450 abitan­ti, il parroco, don Giovanni Scimone, è sempre sui luoghi del disastro, si assen­ta solo per consumare i pasti a Messina: «Siamo qui ad assistere la popolazione, insieme ad altri sacerdoti, a mettere in sicurezza le nostre chiesa, c’è un gran da fare in questo groviglio di fango e di pietre». Don Giovanni il giorno della fra­na era a Messina e per questo era stato dato pure per disperso:«Per due giorni qui è mancata la luce e la linea del te­lefono. Non potevamo comunicare tra di noi e ognuno ha temuto per la vita degli altri. C’è una grande unione nel paese tra tutti i parrocchiani. Sono mor­ti giovani e bambini, e si è creata una grande coesione, come se fossimo una sola grande famiglia. Tutta la città sta ri­spondendo all’appello dell’arcivescovo che ha chiesto di inviare alle popola­zioni colpite vestiario e cibo. Speriamo che anche i governanti facciano la loro parte».
(avvenire 6 ottobre 2009)
Maria Gabriella Leonardi

lunedì 5 ottobre 2009

«Quelle case crollate una ferita lancinante»


L a hall luccicante dell’hotel Capo Pelo­ro resort stride con la tragedia degli sfollati di Giampilieri che sono stati portati qui. Seduti sui divani di un albergo di lusso ci sono anziani che hanno perso la loro casa, parenti e conoscenti. E un andi­rivieni di giovani volontari che prestano aiu­to. Pippo Oliva è uno degli sfollati di Giam­pilieri. Nella sua vita non fa il volontario, ma dinnanzi alla sventura che ha colpito la sua gente sta facendo tutto quello che può per prestare soccorso ai suoi paesani. «Casa mia è illesa – racconta – la mia famiglia, mia mo­glie, i miei bambini, i miei suoceri sono tut­ti qua. Io mi sento ancora bene e mi sento di aiutare questi ragazzi per i miei concittadi­ni: e lo faccio con tutto il cuo­re. Da due notti non dormo e so­lo oggi ho man­giato qualcosa». Al Capo Peloro resort gli sfollati sono un centi­naio. Pippo dà una mano ai vo­lontari che hanno stilato una prima lista del­le medicine necessarie, un altro elenco in­dica chi ha bisogno di assistenza medica. Hanno provveduto per il vestiario e per il pranzo.
Oliva presta soccorso pur essendo ancora sconvolto per questa tragedia: «Giovedì ha piovuto a dirotto dalle cinque del pomerig­gio. Con una tale violenza che non si pote­va uscire di casa. Dopo le 20,30 chi era nel­le abitazioni aveva capito la gravità di quel­lo che stava accadendo, anche perché si sa­peva come erano conciati i costoni della montagna. Abbiamo pensato al peggio, ma mai sino a questo punto. Una parte della montagna è venuta giù e tutte le case che stavano sotto sono crollate le une sulle al­tre: una ferita lancinante che non si rimar­ginerà mai. Siamo usciti nella notte, al buio, con le torce. C’era puzza di gas. Siamo an­dati in paese, ma era intransitabile. Ci sia­mo subito resi conto che nei punti più cri­tici non c’era niente da fare, e abbiamo a­spettato i soccorsi. Tutti i volontari sono da elogiare».
Pippo, come molti dei suoi compaesani, non nasconde la rabbia: «Nel 2007 c’era stata già una frana devastante. La popolazione ave­va allertato le autorità di quello che poteva accadere. Ora sono morte tante persone: mamme con figli, ragazzi di trent’anni mor­ti senza motivo. Abbiamo trovato anche u­na donna incinta travolta dal fango. Perché tutto questo? Perché? Ci hanno sempre det­to che non c’erano soldi per mettere in si­curezza la zona. E allora noi muoriamo».
«Ci hanno sempre detto che non c’erano soldi per mettere in sicurezza la zona. E allora noi muoriamo»
Maria Gabriella Leonardi
(Avvenire 4 ottobre 2009)