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lunedì 31 dicembre 2018

Acireale, per chiesa una tenda

Sono ben 14 le chiese chiuse, nella diocesi di Acireale, a seguito del terremoto di Santo Stefano. Alcune sono distrutte o inagibili, come le chiese delle frazioni acesi di Pennisi, Fiandaca, Santa Maria la Stella, Piano D’Api, e, a Santa Venerina, la matrice e la chiesa di Cosentini. Altre sono chiuse in via precauzionale e sono tutte le altre chiese di Santa Venerina, le chiese Santa Lucia e Santa Maria della Consolazione di Acicatena e la chiesa della frazione acese di Aci Platani.
Così, senza tetto, la curia di Acireale ha deciso di programmare le messe nei territori terremotati. Ieri il vescovo Antonino Raspanti, vicepresidente della Cei, ha celebrato messa nell’oratorio di Bongiardo, a Santa Venerina, mentre oggi alle ore 11 presiederà la messa nella piazza di Fiandaca. Alle 15.30, il vicario generale Giovanni Mammino celebrerà messa nella piazza di Santa Maria La Stella. Ad Aciplatani, le messe saranno celebrate nell’oratorio. Ad Acicatena le messe domenicali della chiesa Santa Lucia saranno “traslocate” nella chiesa della Madonna della Sanità, mentre le messe domenicali della chiesa dedicata a Maria SS. della Catena nella chiesa di San Giuseppe e nellachiesa dei Morti.Diverse le chiese chiuse anche a Zafferana Etnea, appartenente all’arcidiocesi di Catania. Oltre a quelle maggiormente danneggiate di Fleri e Pisano, a titolo precauzionale è chiusa anche la matrice. La comunità di Fleri oggi alle ore 11 celebrerà la messa nell’atrio della scuola elementare di via Rossi, insieme all’arcivescovo Salvatore Gristina. La zona è sismica. Monsignor Mammino ricorda che attorno alla faglia di Fiandaca altri terremoti distruttivi si sono verificati nel 1914 e nel 1984. La chiesa di Pennisi è stata distrutta e ricostruita più volte. «Gli edifici costruiti con criteri antisismici hanno retto bene – dice – ci sono stati danni ma non tali da creare vittime». Ma ha rischiato molto il parroco di Pennisi, don Mirco, scampato al crollo della canonica. «Molti – dice – sonocoloro che hanno perso la propria abitazione ed il proprio lavoro. Io, come tutti gli abitanti di Pennisi e dei paesi vicini, siamo riusciti a salvare le nostre vite: io, per grazia di Dio, sono uscito vivo dalle macerie dopo il crollo del campanile sulla casa canonica dove stavo passando la notte. Il mio pensiero va a tutti coloro che hanno bisogno di un riparo e di un pasto caldo. La chiesa è inagibile, ma la comunità tutta è coesa perché vuole risorgere».
Anche Santa Venerina ha sperimentato più terremoti. Dell’ultimo, quello del 2002, non sono state ancora rimarginate tutte le ferite: dopo 16 anni, infatti, deve essere ancora ripristinata la chiesa di Bongiardo, i lavori dovrebbero concludersi nel 2019. La comunità da anni si riunisce in un prefabbricato. Adesso che anche tutte le altre chiese del comune sono chiuse, la parrocchia di Bongiardo ha messo a disposizione i locali del proprio oratorio per le esigenze delle comunità che si trovano senza chiesa. Il Comune di Santa Venerina, 8.500 abitanti, è condiviso da due diocesi: Bongiardo appartiene all’arcidiocesi di Catania, le altre parrocchie alla diocesi di Acireale. I terremoti portano la comunità a sentirsi, ancor di più, un cuor solo e un’anima sola. Don Giovanni Marino, parroco della matrice e della parrocchia Sacro Cuore di Santa Venerina ricorda: «Si era ritrovato, da alcuni anni, un equilibrio dopo i danni e lo choc del sisma del 2002. Adesso senza chiesa e alcune persone senza casa si sperimenta disorientamento. Ricomincia tutto da capo».
Scoraggia il pensiero della burocrazia nella fase della ricostruzione. Ma la solidarietà è una certezza. La Caritas di Acireale, insieme all’Agesci, ha allestito un centro di raccolta di beni di prima necessità nella parrocchia Cuore Immacolato di Maria di Acireale. A Fleri, il Comune di Zafferana, venerdì, aveva lanciato una raccolta di beni di prima necessità per i terremotati: dopo due ore lo stesso Comune ha chiesto di non portare più nulla perché si era raccolto quanto necessario.
MGL

giovedì 27 dicembre 2018

Chiese e campanili feriti dalla scossa E a Pennisi va in pezzi la statua di sant’Emidio

Fosse tremata appena un giorno prima, la terra, si conterebbero vittime tra i fedeli che affollavano le chiese per le messe di Natale. E invece il piccolo “miracolo”, nel terremoto di Catania, che tanti edifici di culto ha danneggiato e addirittura semidistrutto, è di non aver fatto male alle persone. La maggior parte dell’area dove si sono registrati dei danni ricade nel territorio della diocesi di Acireale. Notevoli i danni agli edifici privati, ma anche alle chiese. Particolarmente colpita la frazione acese di Pennisi, dove sono numerosi gli edifici inagibili. Ingenti i danni alla chiesa parrocchiale intitolata a Santa Maria del monte Carmelo, dove il campanile è crollato abbattendosi in parte sulla canonica e in parte sulla statua di sant’Emidio, posta all’ingresso della chiesa. Il parroco, don Mirco Barillari, è riuscito miracolosamente a salvarsi: è rimasta in piedi solo la parete cui poggiava il suo letto, vistosamente segnata da una crepa. Mentre la statua di Sant’Emidio, protettore dai terremoti, è rimasta pesantemente danneggiata ed è stata portata in custodia da privati.
Numerosi danni sono stati rilevati in altre chiese: a Santa Venerina nella chiesa del Sacro Cuore (da poco ristrutturata dopo che era stata chiusa per anni dopo il terremoto del 2002) è caduta e si è frantumata in mille pezzi la statua del Sacro Cuore che sovrastava la facciata della chiesa nelle vicinanze del municipio. Nella chiesa di Cosentini (frazione di Santa Venerina) sono stati registrati danni interni ed esterni. Sempre nel comune di Santa Venerina, in via precauzionale, in attesa di ulteriori verifiche, le chiese di Maria Vergine e di Linera sono state chiuse. Stesso provvedimento è stato adottato per la chiesa parrocchiale della frazione acese di Santa Maria la Stella. Santa Venerina non è nuova ad eventi simili: oltre alla chiesa del Sacro Cuore, come detto per anni chiusa, anche la chiesa di Bongiardo rimase pesantemente danneggiata dal terremoto del 2002 ed è ancora chiusa. Ieri si sono tenuti sopralluoghi, che hanno visto in prima linea sempre il vescovo Raspanti. Gli altri danni agli edifici di culto si contano invece nella diocesi di Catania, dove l’arcivescovo Salvatore Gristina ha visitato i luoghi colpiti dal terremoto per esprimere vicinanza alla popolazione. Semidistrutta la chiesa Maria Santissima del Rosario dedicata a Sant’Agata a Fleri, frazione di Zafferana Etnea, costruita nel 1667 e appartenente al territorio dell’arcidiocesi di Catania.
MGL

lunedì 10 dicembre 2018

Caltagirone, l’annuncio di Peri: il 2019 «anno sturziano»

L’iniziativa
Si aprirà il 19 gennaio nel centenario del celebre appello “ai liberi e forti”. Coinvolta tutta la comunità calatina
I l 26 novembre 1871 nasceva don Luigi Sturzo. E ieri nell’anniversario monsignor Calogero Peri, vescovo di Caltagirone, città natale del noto presbitero e politico, ha invitato tutte le parrocchie a ricordarlo per «sottolineare, oltre che lo spessore umano, sociale e culturale di don Sturzo, a tutti noto, anche la dimensione spirituale, sacerdotale ed ecclesiale, che ha saputo vivere ed esprimere con l’esercizio eroico delle virtù cristiane» e che papa San Giovanni Paolo II ebbe a sottolineare opportunamente segnalandolo al popolo cristiano, e soprattutto alla terra di Sicilia, come «esempio di preclare virtù sacerdotali». E a conferma del debito che Caltagirone ha verso Sturzo monsignor Peri ha fatto un importante annuncio: il prossimo 19 gennaio 2019, ricorrenza centenaria dell’appello 'Ai liberi e forti', si aprirà «un anno sturziano, con eventi, occasioni e opportunità culturali e pastorali, che illustrino adeguatamente lo spessore della sua personalità, della sua grandezza umana, sociale e culturale, ma soprattutto della sua testimonianza di santità, coinvolgendo nella preghiera e nel doveroso omaggio alla sua santità, la Chiesa diocesana e l’intera comunità calatina». Nato come detto il 26 novembre del 1871, Sturzo fu ordinato sacerdote nel 1894, per le mani del vescovo Saverio Gerbino, nella chiesa del Santissimo Salvatore, dove oggi un mausoleo ne custodisce i resti mortali. Dopo aver completato gli studi a Roma, maturò la sua “conversione sociale” che culminò nell’elaborazione di un progetto di impegno politico attivo dei cattolici italiani nella vita pubblica, con la fondazione del Partito Popolare. Morì l’8 agosto 1959 a Roma dove il 24 novembre 2017, nella sala della Conciliazione del Vicariato si è conclusa la fase diocesana del processo di beatificazione. Ora si attende il riconoscimento delle virtù eroiche da parte della Congregazione delle cause dei santicon la dichiarazione di venerabilità.
Maria Gabriella Leonardi
27 novembre 2018