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martedì 29 settembre 2009

Acireale, un cammino triennale per la pastorale giovanile


Si parte! Il primo ottobre il Servizio per la Pastorale Giovanile della Diocesi di Acireale inizierà il proprio cammino con la Festa della Gratitudine, per ringraziare il Signore...prima di iniziare il viaggio. E si parte con una pastorale giovanile rinnovata: nuovi sono il Direttore e il suo vice, don Mario Gullo e don Gaetano Pappalardo; nuova è l'istituzione ad Acireale della Consulta diocesana di pastorale giovanile; nuovi, infine, sono i membri della pastorale, la "PG family" formata dall'equipe di pastorale giovanile, dai membri della Consulta, movimenti, oratori e associazioni giovanili. Per presentare il cammino dei giovani il vescovo di Acireale, monsignor Pio Vigo, in un messaggio, ha scritto: «la pastorale giovanile ha preparato il suo Progetto, scritto con tanta speranza nel cuore, sapendo guardare all'oggi e al domani dei giovani. Esso accompagna a trovare le risposte essenziali ai tanti interrogativi che nascono nell'animo dei giovani e indica la meta da raggiungere: "Che tutti siano uno"».
Il Progetto si articola in tre anni: il primo è dedicato all'ecclesialità (2009-10) e punterà sulla necessità di passare da un'idea di chiesa "chiusa" dentro le sue mura ad una chiesa "Scuola del Vangelo". Tra le iniziative in cantiere, laboratori di ecclesialità (ChiesaLab) e incontri con gli studenti delle scuole superiori su "Giovani e Dottrina Sociale della Chiesa". Il 2010-11 sarà l'anno della spiritualità , dedicato all'importanza del colloquio con Dio; previsti, tra l'altro, momenti di evangelizzazione nelle scuole e nelle strade e un convegno diocesano su "Giovani e spiritualità di Comunione". Il terzo anno (2011-12) sarà dedicato alla missionarietà e punta ad educare i giovani a un vivere missionario, al risparmio delle risorse, al rispetto reciproco, all'amore per il prossimo, anche se lontano.
Maria Gabriella Leonardi
Avvenire 29 settembre 2009

lunedì 21 settembre 2009

L'amore per la vita è più forte della burocrazia


Nel bilancio della Regione Siciliana compare, da qualche anno, un capitolo a favore della Federazione dei Movimenti per la Vita e dei Centri di aiuto alla vita dell’isola. «La Federazione, che sin dall’inizio ha cercato di seguire le istanze di contributo, è grata a coloro che si sono spesi per raggiungere questo risultato ma sinora - riferiscono dalla Federazione - per motivi burocratici, nessun MPV o CAV ha potuto usufruirne».
Per fortuna l’amore per la vita è più forte anche della burocrazia e supplisce spesso alle carenze del pubblico. Basti pensare all’attività del Cav di Agrigento, presieduto da Angelo Marongiu. In 9 anni di vita il Cav della città dei templi ha salvato dall’aborto circa 500 bambini. Ogni settimana, il giorno del ricevimento, dietro la porta dell’associazione circa 150 persone aspettano il loro turno. Agrigento è una città “di confine”. «Una buona metà dei nostri assistiti sono stranieri – spiega Marongiu – tutto il mondo è presente qui». Per queste persone che arrivano in Italia e hanno già tanti problemi, spesso una gravidanza è solo un problema in più. I volontari del Cav aiutano le mamme con il progetto Gemma, con alimentari, pannolini e quanto può servire. Quando è possibile, cercano di procurare anche un lavoretto ai mariti. Concluso il progetto Gemma non si abbandonano le coppie assistite, ma si cerca di affidarle alla comunità parrocchiale in cui risiedono.
Giovanissimo è invece il MPV e CAV di Mistretta onlus, nel messinese, che ha un anno di vita. «Accogliere la vita concepita è difficile quando non c’è la sicurezza economica – afferma il presidente Angela Provenzale -. Il Cav si regge sull’autofinanziamento o sulle offerte e alle nostre richieste molti hanno donato con generosità. Degli studenti hanno destinato al Cav le offerte raccolte in suffragio della loro amatissima professoressa, facendoci pensare alla possibilità di continuare a raccogliere per i funerali le offerte di chi non vuole fiori. Il bisogno delle mamme ci spinge ad essere pungolo per i servizi sociali del nostro Comune, perché le aiutino, soprattutto quando chi aiutiamo è straniero. Allora si combatte con documenti, il rinnovo del permesso di soggiorno che impiega più di un anno ad arrivare e l’assegno di maternità dell’Inps. I servizi sociali ci conoscono anche per l’insistenza con cui da un anno chiediamo che si concretizzi un progetto che attinga ai fondi della legge 328. Non ci siamo ancora riusciti, ma non molliamo: la vita è un miracolo, ma vuole il nostro amore e grande impegno».
Maria Gabriella Leonardi
20 settembre 2009

venerdì 11 settembre 2009

Il concepito è rilevante per l'ordinamento. Intervista al prof.Giovanni Di Rosa


Una sentenza del Tribunale civile di Roma, per la prima volta, equipara, nell'ambito di una causa per un risarcimento, il danno per la perdita di un nascituro a quello per la morte di un figlio nato. La sentenza si riferisce alla vicenda di una mamma, giunta alla trentunesima settimana di gravidanza all'ospedale Villa S.Pietro di Roma. Qui la donna è stata assistita con negligenza e per questo ha perso il bambino che portava in grembo ed è incorsa in una grave tromboflebite con embolia polmonare. Il Tribunale di Roma ha condannato l'ospedale a risarcire la donna non solo per il danno alla salute che ha subìto, ma anche per aver perduto il figlio di cui era incinta. Il prof. Giovanni Di Rosa, ordinario di Istituzioni di diritto privato presso l'Università di Catania, nonché presidente dell'associazione "Scienza e Vita" di Catania spiega la peculiarità di questa sentenza.
Professore, c'erano state in passato sentenze analoghe a questa di Roma?
«Nel 1989 una sentenza del Tribunale di Verona ha riconosciuto il diritto per il danno che il concepito ha subìto a seguito di una erronea operazione compiuta durante il parto. Chiaramente è una posizione fatta valere dai genitori, nell'interesse del concepito che vanterebbe una legittima aspettativa a nascere e a nascere sano. Questo principio è stato ripreso da altre sentenze nel corso del tempo, l'ultima delle quali è stata emessa dalla Cassazione lo scorso maggio e ripropone lo stesso indirizzo assegnando il risarcimento per i danni subìti durante la gravidanza».
In cosa la sentenza del Tribunale di Roma si differenzia da queste altre due?
Nelle due precedenti il riconoscimento della tutela è subordinato alla nascita del concepito. La sentenza di Roma invece riconosce la tutela assicurando il risarcimento alla madre per la perdita del figlio concepito e non nato. Quindi, rispetto a quanto prevede l'art.1 del Codice Civile si dà un'interpretazione che finisce per anticipare, in qualche modo, la capacità giuridica al momento del concepimento».
Questa "conquista" potrà valere sempre?
«La sentenza testimonia che l'ordinamento non è indifferente alle esigenze di tutela dell'individuo non ancora nato. Ma mi chiedo quanto questo interesse sarà preso in considerazione in presenza di altri interessi ritenuti superiori? Ad esempio, in presenza dell'interesse alla tutela della vita della madre, delle sue condizioni di benessere psico-fisico (vedi la legislazione in tema di aborto) oppure tutte le volte in cui non si impiantano gli embrioni che vengono crio-conservati perché l'impianto è contrario all'interesse della madre. In questi casi la tutela del concepito è sacrificata per interessi ritenuti superiori».
I due interessi non possono coesistere?
«No, perché le situazioni limite dell'interruzione volontaria della gravidanza e della procreazione medicalmente assistita dimostrano che entrambi gli interessi non possono (se contrapposti) essere tutelati e dovendo scegliere tra la tutela del concepito e della madre, nel rispetto di certe condizioni, sostanzialmente si finisce per tutelare sempre la madre. Sono stati abbandonati da tempo quei progetti di legge che prevedevano una modifica del Codice Civile per fare acquistare all'individuo capacità giuridica al momento del concepimento. Per l'ordinamento, il concepito, sin quando non è nato, non è un soggetto giuridico come tutti gli altri. Ma questa sentenza è un'apertura che deve indurre alla riflessione soprattutto nel dibattito relativo alla possibile riforma delle linee guida in materia di procreazione medicalmente assistita e in tema di corretta applicazione della legge sull'aborto. Questa sentenza potrebbe essere uno stimolo per dire "il concepito è comunque una realtà rilevante per l'ordinamento tant'è vero che in caso di sua perdita il risarcimento viene equiparato alla perdita di in figlio già nato". E' uno spunto che può essere valorizzato, ma se non viene inserito in un quadro complessivo, resterà solo a presidiare (per sanzionarli) gli operatori sanitari».
Maria Gabriella Leonardi
(E' Vita 10 settembre 2009)