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giovedì 15 marzo 2012

Figli verso le nozze o il sacerdozio? «I genitori hanno il dovere di sostenerli» - Avvenire

Figli verso le nozze o il sacerdozio? «I genitori hanno il dovere di sostenerli» - Avvenire

Acireale - il Seminario vescovile
Un giovane che desidera diventare sacerdote o religioso ha difficoltà a svincolarsi dalla famiglia quanto un giovane che decide di sposarsi. Prende le mosse da questa considerazione la riflessione dei coniugi Mariateresa Zattoni e Gilberto Gillini nell’ambito del convegno sulla 'Voce dei genitori nel cammino vocazionale dei figli', svoltosi ad Acireale (Catania). Consulenti familiari e docenti presso il Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per studi su matrimonio e famiglia, hanno ribadito che «la famiglia sana deve pensarsi come un campo base per lanciare i figli al futuro», se no «implode».Mariateresa Zattoni ha citato la Lettera alle famiglie del ’94 di Giovanni Paolo II: «I genitori, davanti a un nuovo essere umano hanno o dovrebbero avere piena consapevolezza del fatto che Dio 'vuole' questo uomo per se stesso». Il marito ha aggiunto: «Quando un figlio arriva a un discernimento vocazionale come ipotesi prossima di lavoro i genitori, di qualsiasi vocazione si tratti, dovrebbero congratularsi tra loro, perché nonostante gli errori, hanno svolto con sapienza la loro parte».
Pur riconoscendo che «i genitori sono naturalmente spinti a continuare la loro opera educativa per tutta la vita del figlio», ha precisato Gilberto Gillini, «quando il figlio diventa adulto in senso pieno, quest’opera si chiama 'intrusione'; ed è ciò che non debbono fare». «Un figlio o una figlia che segue la propria vocazione - ha concluso la moglie - non opera un bene per sé solo, ma per l’interno sistemafamiliare».
Maria Gabriella Leonardi
Intervento dei coniugi Gillini Zattoni: la famiglia deve pensarsi come campo base per lanciare i figli al futuro

mercoledì 14 marzo 2012

Culle per la vita, una «rete» che cresce - Avvenire

Culle per la vita, una «rete» che cresce - Avvenire

di
Maria Gabriella Leonardi
la chiesa "Gesù Lavoratore" - Giarre
Contro il fenomeno dell’abbandono dei neonati si diffondono in Italia le culle pronte ad accogliere, come le ruotedegli esposti di un tempo, neonati figli di donne disperate che intendono abbandonarli. Qualche giorno fa ne è stata inaugurata una nell’ospedale di Padova e, giorni prima, un’altra nella parrocchia «Gesù Lavoratore» di Giarre, nel Catanese, ad opera locale Centro di aiuto alla vita. Il presidente Cesare Scuderi testimonia la frequenza del fenomeno di neonati 'lasciati': «In due anni, ci è capitato di aiutare tre mamme che avevano deciso di abbandonare il loro bambino. Ricordo che una di loro non voleva partorire in ospedale e voleva lasciare suo figlio alla stazione ferroviaria. Siamo stati avvisati dal numero verde del Movimento per la vita, abbiamo assistito le mamme durante il parto e poi i bambini sono stati dati in adozione».
In Italia la prima culla sorse, grazie al Movimento per la vita, nel 1992 a Casale Monferrato. Da allora sono stati fatti molti progressi che hanno reso queste culle sono molto sofisticate: ad esempio, quella di Giarre ha un
Due nuovi punti d’accoglienza inaugurati nel Catanese e a Padova allargano in Italia il servizio di «soccorso» per le madri che scelgono la strada dell’anonimato pur di salvare il figlio anche in situazioni estreme
sensore che fa scattare un allarme nel caso vi venisse depositato un bambino; una telecamera dentro la culla, collegata con il 118, permette di accertare la presenza del neonato e far scattare i soccorsi. Chi deposita il bimbo resta nell’anonimato.
Molte delle culle allestite in Italia sono state realizzate dai volontari del Movimento per la vita. La referente è Rosa Rao che spiega: «Le culle sono uno strumento di soccorso ma anche un veicolo di informazione: con la divulgazione della culla si diffonde la possibilità del parto anonimo e si fa conoscere il numero verde 800.813.000 quale aiuto alle donne in difficoltà. L’angoscia può iniziare già nel momento in cui una donna incinta sa di non poter tenere con sé quel figlio e trasformarsi in disperazione in prossimità del parto.
Se per convinzione personale o perchévive una situazione drammatica, la donna non vuole ricorrere all’aborto e/o non conosce la legge sul parto in anonimato, lasciare in una culla confortevole la sua creatura sarà l’ultimo gesto d’amore materno. È un servizio di emergenza sanitaria, preso in carico dalle strutture ospedaliere o da personale autorizzato dalle istituzioni: provvista di una videosorveglianza che lascia il depositante in totale anonimato la culla evita, oltre alla sicura morte del neonato, anche il reato di abbandono. Infatti, secondo il Codice penale, in merito alla Culla non si può parlare di abbandono né di istigazione allo stesso perché il neonato non viene lasciato in balia di se stesso ma subito soccorso e affidato al Tribunale dei minori per l’adozione. La culla – conclude la Rao – è una presenza muta di accoglienza nella quale tutta la società dovrebbe rispecchiarsi». Il presidente del Movimento per la vita, Carlo Casini, sottolinea l’importanza delle culle per l’associazione: «Anche se non ci sono stati neonati lasciati nelle culle del Mpv il loro significato è molto forte edè quello di ribadire che 'i bambini non si buttano': se non puoi tenere un bambino c’è una comunità che lo accoglierà. Esiste una legge che consente il parto in anonimato e noi siamo favorevoli. Ma ci sono, d’altra parte, donne che non vogliono essere materialmente viste perché clandestine o ricercate: dare la possibilità di salvare un bambino, anche in situazioni estreme, è importante».

martedì 13 marzo 2012

Così ad Acireale la Riconciliazione si trasforma in festa - Avvenire

Così ad Acireale la Riconciliazione si trasforma in festa - Avvenire
la Cattedrale di Acireale
Una liturgia penitenziale ha ancora piglio sui giovani? Stando all’esperienza della diocesi di Acireale, sì. Qui, infatti, il Servizio diocesano per la Pastorale giovanile, guidato da don Mario Gullo e don Gaetano Pappalardo, e il «Gruppo giovani di evangelizzazione diocesano» organizzano domani inCattedrale, alle 20, la «Festa del perdono» presieduta dal vescovo Antonino Raspanti.
L’appuntamento, sul tema «Signore da chi andremo?», segue la scia dell’esperienza nazionale di «Giovani e riconciliazione», realtà nata in occasione del Giubileo del 2000. «In ogni celebrazione penitenziale – spiega don Mario – facciamo riferimento a un brano della Parola. Alla luce del testo, alcuni giovani preparano i loro coetanei a riflettere sulla loro vita. Altri, i 'logisti', aiutano iloro coetanei ad accostarsi al sacerdote per la confessione».
Il momento si conclude con un abbraccio di pace.
«Nonostante la Riconciliazione sia un sacramento in crisi – dice don Mario – se i giovani vengono aiutati, avvertono il bisogno di sentirsi in pace con Dio, con se stessi e con gli altri».
Gabriella Leonardi
Domani l’evento col vescovo Raspanti per tornare a scoprire la gioia del perdono 

lunedì 12 marzo 2012

Web & giovani, educare si può - Avvenire

Web & giovani, educare si può - Avvenire


DA MESSINA
MARIA GABRIELLA LEONARDI
T ra i banchi di scuola a Messina si fa lezione su come i giovani si conoscono sui social network e sull’educazione affettiva.
l'istituto teologico San Tommao - Messina
Succede, nell’istituto «Don Bosco» grazie a un progetto realizzato insieme con la Scuola superiore di specializzazione in bioetica e sessuologia (Ssbs) dell’Istituto teologico «San Tommaso». Il «Don Bosco» ha una sezione di liceo classico e un’altra di scientifico, 10 classi con 250 studenti in tutto. La preside ha preparato alcune piste di riflessione e in tutte le classi si è dibattuto, insieme con i «prof». I ragazzi hanno approfondito alcuni aspetti del tema e sono nate le domande; il tutto, assieme a un video realizzato da loro, è stato portato in un meeting tenutosi al «San Tommaso». Oltre agli esperti anche tre liceali hanno tenuto una relazione: Federica si è concentrata sugli aspetti sociali dell’uso dei social network e sul fatto che le nuove tecnologie hanno consentito anche l’organizzazione di manifestazioni a livello mondiale. Ilenia ha spiegato perchè adulti e giovani entrano nei social network che «tendono a essere per noi un modo diverso per continuare le discussioni iniziate con amici, familiari e compagni di scuola». Per Elisabetta però: «Sta a noi decidere se usare i social network per scopi ragionevoli e in modo utile, o sprecare il nostro tempo a cliccare 'mi piace', 'condividi'. Non sprechiamo la nostra giovinezza dinanzi a un desktop e pensiamo piuttosto a vivere realmente l’affettività». I ragazzi hanno poi interrogato due esperti: Luigi Leone, criminologo, che, dati alla mano, ha evidenziato come condividere su Internet informazioni personali ampli il fattore di rischio cui si è esposti. Don Giovanni Russo, preside della Ssbs, ha rivolto quindi ai giovani tre inviti: «I social network sono il luogo della bellezza del cielo, ma sono anche il luogo in cui possiamo sperimentare le intemperie della nostra esistenza.
Nessuno si lasci fare il 'download' del proprio cervello. I social network possono aiutarci a crescere, ma occorre restare insieme, sostenerci e collaborare».
Ma non è finita, perché, come spiega Nicola Antonazzo: «Alunni e docenti continuano la riflessione su un gruppo Facebook».
13 marzo 2012