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giovedì 5 novembre 2009

Per Catania Angelo Cafaro vive ancora



l 13 novembre alle 18.30 nella sala Dusmet I dell’ospedale Garibaldi l’associazione Scienza [&] Vita di Catania organizzerà il primo convegno in memoria di Angelo Cafaro, sul tema « Ru486. Dall’ aborto chirurgico all’aborto farmacologico » . « È nostra intenzione – annuncia il presidente di Scienza [&] Vita Catania , Giovanni Di Rosa – organizzare un’iniziativa convegnistica annuale, sui temi della bioetica, dedicata ad Angelo Cafaro. Nell’ambito di questa giornata pensiamo di attribuire a una tesi di bioetica una borsa di studio, alla sua memoria » .
Cafaro è stato intitolato
A anche il corso di Antropologia ed etica medica « Curare la persona malata, non solo la malattia » organizzato dallo Studio teologico San Paolo di Catania in collaborazione con la facoltà di Medicina dell’Università di Catania , l’Ordine dei medici della provincia di Catania e la Federazione italiana medici di medicina generale Fimmg-Metis. Don Gaetano Zito, preside del San Paolo, racconta: « Il corso è stato pensato insieme a Cafaro: per lui questo corso doveva essere un luogo in cui i medici potevano incontrarsi e dialogare lasciando sempre al centro di ogni interesse la persona malata, l’uomo » .
L’
associazione Scienza [&] Vita di Catania è stata intitolata al compianto medico fisiatra e bioeticista, copresidente dell’associazione, scomparso improvvisamente, per un trombo alle coronarie all’età di 55 anni lo scorso agosto. Una perdita che ha toccato molto la comunità catanese, sia perché inaspettata per un uomo nel pieno della sua attività professionale sia, soprattutto, per l’opera di un medico che, oltre a essere un valido fisiatra, è stato un fervido sostenitore del valore della vita umana. Cafaro ha organizzato un gran numero di convegni, pubblicato approfondimenti in tema di bioetica, sensibilizzato pazienti, colleghi e amici. Il suo lavoro nascosto ha lasciato il segno.
L a testimonianza è stata coerente sino all’ultimo: aveva firmato la scheda del ministero della Sanità per dare la disponibilità alla donazione dei propri organi, volontà dichiarata alla moglie e rispettata. Per questo, a seguito del decesso, nel reparto di Rianimazione dell’ospedale ' Garibaldi' di Catania l’équipe di Sergio Pintaudi ha espiantato i reni, il fegato e le cornee. I trapianti effettuati sono riusciti e i pazienti sono tornati a una vita normale. « I trapianti – conferma Pintaudi – sono stati effettuati su pazienti catanesi: il fegato su un 50enne affetto da una cirrosi determinata da un visus epatico. Dei reni prelevati è stato possibile trapiantare un solo paziente. Le cornee sono state depositate alla banca degli occhi di Palermo dove sono state processate e verranno impiantate in futuro » .
Maria Gabriella Leonardi
(E' vita 5 novembre 2009)

lunedì 2 novembre 2009

Messina, un mese dopo «Ci hanno lasciati soli»


« B isogna trovare una sistemazione per gli sfollati trasferiti negli alberghi, dando loro la possibilità di andare in alloggi scelti da loro o in quelli che troveremo noi e affitteremo». Il sindaco di Messina, Giuseppe Buzzanca, pensa ai mille senzatetto - altri cinquecento sono ospiti di parenti - che da un mese esatto vivono lontano dalle frazioni Giampilieri, Briga, Molino, Altolia e Itala e dal piccolo comune di Scaletta Zanclea. Da quando l’alluvione ha distrutto o lesionato le loro case e dove «ho accertato che si deve ancora procedere con i lavori per la pulizia delle strade e degli edifici. Solo a Giampilieri ce ne sono ancora 160 piene di fango. Per questo mercoledì verrà una task force del corpo forestale», annuncia il primo cittadino che oggi farà distribuire agli sfollati i moduli per sapere se hanno un’alternativa alle stanze d’albergo, ribadendo che il contributo per l’affitto varia da 300 a 600 euro a famiglia in base al numero dei componenti. Lungo le strade dei sei paesi-fantasma, dove si contano 31 vittime e all’appello mancano ancora 6 persone, si incontrano vigili del fuoco, uomini della protezione civile e delle forze dell’ordine. «I lavori di rimozione sono difficili - spiega Corrado Manganaro di Giampilieri - le strade sono strette, entrano solo mezzi piccoli e si devono rimuovere quasi due metri di fango». E i tempi della ricostruzione ­necessari almeno 300 milioni di euro per far fronte a tutti i danni dell’alluvione dell’1 ottobre scorso - si allungano mentre l’inverno avanza. Cresce la disperazione, ma c’è anche l’amarezza per essere stati dipinti come abusivi, accusati di aver costruito case dove non si doveva. «Giampilieri ha questa forma da cinque secoli - ripete l’architetto Felice Zaccone - , la frana ha colpito la zona più antica. I nostri avi non ci hanno tramandato memoria di tragedie simili: loro però lavoravano quella collina, vi coltivavano alberi che con le loro radici trattenevano il terreno». Oggi quelle colline sono brulle e ogni estate devastate da incendi. Non quindi l’abusivismo, ma l’abbandono dell’agricoltura, del territorio e l’incuria sono quindi la causa principale della frana. Nino D’Angelo, ex presidente della circoscrizione messinese in cui rientra Giampilieri aggiunge: «Dieci anni fa avevamo denunciato il pericolo di un dissesto». Malgrado ciò nel Piano stralcio per l’assetto idrogeologico della Regione Sicilia non rientra Giampilieri e, dopo l’alluvione del 2007, era in atto una gestione commissariale con un finanziamento non speso di circa 3 milioni di euro.
Ma è l’incertezza del futuro ad affliggere: «A Giampilieri - racconta Francesca Maimone ­c’erano una ventina di negozi gestiti da famiglie monoreddito che da un mese non hanno alcun guadagno: queste persone stanno impazzendo». In ogni centro colpito è stato costituito un comitato. A Giampilieri il presidente è Corrado Manganaro: «Siamo in vigile attesa e stiamo cercando di calmare quelli di noi più esasperati». In particolare coloro che non hanno avuto la casa lesionata, ma non possono rientrare finché non verrà messa in sicurezza la collina. «I 60 milioni di euro stanziati dal governo non bastano - insisite - . E se non ci sono i soldi, non si sa neanche come operare». Di ricostruire altrove, nonostante il ministro dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo, ripeta che non c’è altra soluzione possibile, nessuno vuole sentire parlare «Esperti come l’ingegnere capo del Genio Civile o come il geologo Natoli sostengono che il paese si può mettere in sicurezza». Il comitato propone di recuperare le case abbandonate dagli emigrati. Intanto, nella desolazione, è rinata la voglia di comunità che ogni sera si materializza nella scuola dove c’è la base operativa della Protezione civile.
(Avvenire 1 novembre 2009)