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venerdì 16 ottobre 2009

«Il dramma ha unito la comunità»

a parrocchia di Sant’Agata, nel co­mune di Alì, è diventata un centro di raccolta da cui partono gli aiu­ti per le zone colpite dalla frana di gio­vedì scorso. Il parroco, don Vincenzo D’Arrigo, racconta:«Un furgone ha por­tato a Giampilieri saponi e prodotti per la pulizia personale. Un altro è andato a Scaletta Zanclea con generi alimenta­ri e acqua. Ogni gior­no partono da qui due furgoni per le due comunità». Don Vincenzo è parroco, insieme a un altro confratello, anche della comunità “Ma­donna del Carmelo” di Scaletta Zanclea, 1.600 persone. Quel giovedì nero, duran­te le forti piogge e la frana, per fortuna le celebrazioni si stavano svolgendo altro­ve e dentro la chiesa di Scaletta Zanclea non c’era nessuno, altrimenti sarebbe­ro morti tutti. «I miei parrocchiani che non hanno subito danni eccessivi alle loro case – racconta – sono ancora a Sca­letta. Gli altri sono stati portati in vari alberghi di Messina. Ci fanno sapere di cosa hanno bisogno e noi cerchiamo di fare avere loro quanto serve. La chiesa di Scaletta Zanclea è completamente sommersa dal fango. Ho assistito ai la­vori di sgombero: qualcosa di impres­sionante da vedere! Non avendo dove celebrare la Messa, domenica abbiamo celebrato all’aperto, nella piazza della stazione, a Scaletta». Don Vincenzo te­stimonia quanto questa sciagura fosse prevedibile e la chiara responsabilità dell’uomo: «Sono originario di Giampi­lieri – spiega –. Ricordo che quand’ero giovane queste montagne erano un giar­dino, c’erano ulivi, alberi di carrubo. Col tempo numerosi incendi, di indubbia matrice dolosa, le hanno devastate. Non c’erano più alberi le cui radici potesse­ro trattenere queste frane».
Nell’altra comunità colpita dalla trage­dia, Giampilieri Superiore, 450 abitan­ti, il parroco, don Giovanni Scimone, è sempre sui luoghi del disastro, si assen­ta solo per consumare i pasti a Messina: «Siamo qui ad assistere la popolazione, insieme ad altri sacerdoti, a mettere in sicurezza le nostre chiesa, c’è un gran da fare in questo groviglio di fango e di pietre». Don Giovanni il giorno della fra­na era a Messina e per questo era stato dato pure per disperso:«Per due giorni qui è mancata la luce e la linea del te­lefono. Non potevamo comunicare tra di noi e ognuno ha temuto per la vita degli altri. C’è una grande unione nel paese tra tutti i parrocchiani. Sono mor­ti giovani e bambini, e si è creata una grande coesione, come se fossimo una sola grande famiglia. Tutta la città sta ri­spondendo all’appello dell’arcivescovo che ha chiesto di inviare alle popola­zioni colpite vestiario e cibo. Speriamo che anche i governanti facciano la loro parte».
(avvenire 6 ottobre 2009)
Maria Gabriella Leonardi

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