Resistere all’individualismo, alla violenza, alla solitudine per impegnarsi nel volontariato e nella città.Vogliono fare più rumore dei loro coetanei al centro delle cronache nere i tremila studenti di Gela, di tutte le scuole superiori che, insieme alle associazioni di volontariato, ieri, sabato, hanno dichiarato la loro volontà a costruire legami veri basati sulla solidarietà. L’occasione nella città nissena, era data dalla giornata dell’arte, della solidarietà e della creatività studentesca e del volontariato, intitolata, riprendendo una canzone di Jovanotti, 'Io lo so che non sono solo'. A organizzare l’iniziativa il coordinamento delle 32 associazioni di volontariato della città, guidate dal MoVi e sostenute dal CeSVoP (Centro di Servizi per il Volontariato di Palermo), il coordinamento degli studenti delle scuole superiori e la consulta provinciale degli studenti. Nella piazza Santa Teresa Valsè, nel quartiere Macchitella, i giovani hanno proclamato la loro 'rivoluzione' con la musica, con i cortometraggi, con la break dance, con dibattiti e con murales.
Dal 2004 a Gela è iniziato un lento lavoro di coordinamento del volontariato. I primi risultati sono una rete della società civile che chiede trasparenza, nuovi strumenti di partecipazione dei giovani, spazi e risorse per l’educazione, espressione di una città che vuole togliersi il marchio di città mafiosa.
«I giovani gridano che ci sono e reclamano accanto adulti seri, motivati, capaci di mettersi in ascolto e di metterli al centro dei loro impegni - ha dichiarato Enzo Madonia, responsabile del MoVi e del CeSVoP a Gela - . Ancora oggi le risposte alla crisi educativa sono scarse perché frammentate e con pochi contenuti, non coinvolgenti e soprattutto precarie. Non si tratta di costruire qualcosa per loro, ma con loro. Ma questo richiede una politica matura e capace di promuovere la dignità umana piuttosto che continuare a creare precariato e assistenzialismo».
«Non ha senso partecipare a marce antimafia o lavorare gratuitamente per qualche ora in un terreno sequestrato ad un mafioso se poi si consuma droga e si fanno acquisti in negozi che pagano il pizzo, aumentando il potere economico della mafia - ha detto ai giovani, monsignor Michele Pennisi, vescovo di Piazza Armerina - . Il volontario è chiamato a vivere la propria esperienza in modo coerente con i valori che fondano l’agire volontario, che assume inevitabilmente una connotazione etica che assume i volti della responsabilità e del servizio solerte e disinteressato che deve caratterizzare tutta la propria vita».
Ieri la giornata dell’arte, della solidarietà, e volontariato
(pubblicato su AVVENIRE del 25 maggio 2008)
Questo blog raccoglie i miei articoli pubblicati sul quotidiano nazionale di ispirazione cattolica "Avvenire". Sono articoli in cui mi sforzo di raccontare cosa fanno tanti siciliani che si prodigano per gli altri e testimoniano tra gli uomini l'amore e la presenza di Dio. Questo blog vuole essere un omaggio e un grazie ai numerosi credenti siciliani che ho il piacere di conoscere e che con la loro testimonianza arricchiscono anche la mia vita e mi spronano ad essere migliore. MGL
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lunedì 26 maggio 2008
martedì 20 maggio 2008
Catania L’iniziativa controcorrente: portare 20 bambini a scuola
Mentre in Italia imperversa la caccia ai rom, a Catania, dall’inizio dell’anno scolastico, la Caritas diocesana è impegnata a portare a scuola 20 bambini rom. Un’iniziativa controcorrente, nata in tempi in cui i rom non interessavano quasi a alcuno. Sono mesi ormai che ogni mattina un furgoncino della Caritas va a prendere i bambini nomadi che vivono in uno dei campi nomadi catanesi. Da lì li accompagna in sette scuole elementari della città: portarli in una sola scuola sarebbe stato più semplice ma si sarebbe corso il rischio di creare una scuolaghetto. All’ora dell’uscita, il furgoncino fa il giro delle scuole per prendere i bambini e portali in un centro Caritas in via Santa Maddalena, nel centro storico di Catania. Qui i bimbi pranzano e poi fanno i compiti. Li aiutano una quindicina di persone tra volontari, ragazzi del servizio civile, operatori e una mediatrice culturale. «La caccia alle streghe è frutto dell’assenza di relazione spiega il direttore diocesano della Caritas di Catania, padre Valerio Di Trapani - il più grande risultato del nostro progetto è stata invece la possibilità di accostare questi bambini e le loro famiglie alle realtà del territorio, e questa relazione è stata assolutamente pacifica». La Caritas, prima dell’inizio dell’anno scolastico, ha contattato l’osservatorio integrato d’area, di cui fanno parte i presidi delle scuole locali: l’iscrizione dei bimbi rom è stata a lungo preparata.
La Caritas ha anche fornito il materiale didattico ai piccoli rom e agli incontri scuolafamiglia vanno anche i suoi operatori; oltre che ai bambini, i volontari dedicano diverse attività anche alle rispettive famiglie. Tra le materie del dopo-scuola c’è anche l’educazione alimentare e l’igiene: d’altra parte se questi bimbi non sono ben curati i compagnetti starebbero alla larga. Com’è andata?
«Abbastanza bene- risponde padre Valerio - qualcuno dei bambini ha anche fatto la recita di Natale, qualcun altro è andato in gita scolastica».
Tuttavia, in questi giorni difficili, padre Valerio non nasconde le sue paure: «L’aria che si respira è impregnata di odio e di vendetta. Ho paura che questa ferocia coinvolga anche i bambini rom che, seppur in maniera discontinua, hanno scelto di frequentare la scuola a Catania. Ho paura anche per Daniel, Lucian e i tanti altri amici che, sostenuti dai volontari della Caritas, con tenacia insegnano ai loro figli il valore del rispetto della famiglia, delle regole di buona educazione ma che vedono profilarsi tempi terribili». Padre Valerio non condivide quello che sta accadendo: «esprimo un forte dissenso contro la caccia all’untore che caratterizza questi giorni. Io non ci sto agli sgomberi coatti e alle 'soluzioni estetiche'». A Catania, malgrado quanto viene fatto, resta l’amaro per quanto potrebbe farsi: Caritas diocesana e Croce Rossa,da anni, infatti, propongono al Comune di allestire un’area di sosta per rom: in cambio di un alloggio più dignitoso ai rom che avrebbero aderito al progetto sarebbe stato chiesto il rispetto della legalità. Il comune di Catania aveva anche individuato un’area da attrezzare con luce e acqua; un intervento non troppo costoso e realizzabile in poco tempo per cui Caritas diocesana e Croce rossa potrebbero mettere a disposizione volontari e container. Quello che è mancato in questi anni è stata la volontà politica.
«Siamo stati sempre pronti a sbracciarci le maniche per dare maggiore dignità ai rom e per favorire una reale e pacifica integrazione, rispettosa delle regole- aggiunge padre Valerio -. Ma purtroppo oggi è più facile fare discorsi qualunquistici e banali».
MARIA GABRIELLA LEONARDI
(Pubblicato su AVVENIRE del 16 maggio 2008)
La Caritas ha anche fornito il materiale didattico ai piccoli rom e agli incontri scuolafamiglia vanno anche i suoi operatori; oltre che ai bambini, i volontari dedicano diverse attività anche alle rispettive famiglie. Tra le materie del dopo-scuola c’è anche l’educazione alimentare e l’igiene: d’altra parte se questi bimbi non sono ben curati i compagnetti starebbero alla larga. Com’è andata?
«Abbastanza bene- risponde padre Valerio - qualcuno dei bambini ha anche fatto la recita di Natale, qualcun altro è andato in gita scolastica».
Tuttavia, in questi giorni difficili, padre Valerio non nasconde le sue paure: «L’aria che si respira è impregnata di odio e di vendetta. Ho paura che questa ferocia coinvolga anche i bambini rom che, seppur in maniera discontinua, hanno scelto di frequentare la scuola a Catania. Ho paura anche per Daniel, Lucian e i tanti altri amici che, sostenuti dai volontari della Caritas, con tenacia insegnano ai loro figli il valore del rispetto della famiglia, delle regole di buona educazione ma che vedono profilarsi tempi terribili». Padre Valerio non condivide quello che sta accadendo: «esprimo un forte dissenso contro la caccia all’untore che caratterizza questi giorni. Io non ci sto agli sgomberi coatti e alle 'soluzioni estetiche'». A Catania, malgrado quanto viene fatto, resta l’amaro per quanto potrebbe farsi: Caritas diocesana e Croce Rossa,da anni, infatti, propongono al Comune di allestire un’area di sosta per rom: in cambio di un alloggio più dignitoso ai rom che avrebbero aderito al progetto sarebbe stato chiesto il rispetto della legalità. Il comune di Catania aveva anche individuato un’area da attrezzare con luce e acqua; un intervento non troppo costoso e realizzabile in poco tempo per cui Caritas diocesana e Croce rossa potrebbero mettere a disposizione volontari e container. Quello che è mancato in questi anni è stata la volontà politica.
«Siamo stati sempre pronti a sbracciarci le maniche per dare maggiore dignità ai rom e per favorire una reale e pacifica integrazione, rispettosa delle regole- aggiunge padre Valerio -. Ma purtroppo oggi è più facile fare discorsi qualunquistici e banali».
MARIA GABRIELLA LEONARDI
(Pubblicato su AVVENIRE del 16 maggio 2008)
venerdì 16 maggio 2008
Santuario della Vena, un Rosario di 60 metri
L a fantasia del bene crea nuove strade per ravvivare la fede. Come accade nel santuario di Santa Maria della Vena, nell’omonima frazione di Piedimonte Etneo, nel Catanese. Qui il mese di maggio è stato aperto con una celebrazione mariana, in piazza, attorno a una coro- na del Rosario «gigante» lunga 60 metri e colorata con i colori dei cinque continenti.
Erano presenti l’arcivescovo di Acireale, Pio Vigo, i sacerdoti e i fedeli della zona. Il Rosario gigante, oltre ad abbellire la piazza, è diventato un modo singolare per celebrare la preghiera mariana per eccellenza: grazie, infatti, al movimento attorno alla corona, tante persone si sono sentite loro stesse una «corona vivente». Ma non è tutto giacché, come ha spiegato il rettore del Santuario, don Carmelo La Rosa: «Diverse realtà hanno già dato l’adesione al nostro invito di allargare questa corona nel territorio, realizzando i venti misteri del rosario, con stele di pietra, lungo le due strade che immettono al Santuario. Creeremo così un 'santuario diffuso' e un’area sacra che accolga i pellegrini».
Le iniziative del santuario di Vena, nascono dall’esperienza del rettore, don Carmelo La Rosa, per tanti anni missionario in Albania. In quel contesto il sacerdote sperimentò la desolazione portata nella vita di fede dalla dittatura comunista e dovette lavorare alacremente per rifondare dal nulla la realtà ecclesiale. In Italia il secolarismo e talune «tiepidezze» dei credenti sembrano togliere vitalità alla fede. Ed è per questo che un missionario fortificatosi in un contesto difficile è stato chiamato a rilanciare quel piccolo tesoro di fede, storia e arte che è il santuario di Vena. La chiesetta, alle pendici dell’Etna, custodisce l’icona della «Teotokos Glicofilusa» di Vena.
Le analisi al radio carbonio in corso dovranno stabilire se l’immagine risale al VI secolo dopo Cristo, come vuole la tradizione. In caso positivo il Santuario sarebbe uno dei più antichi d’Europa. Tra i «segni» di cui è stato testimone questo luogo e che il Santuario custodisce c’è la «Madonna del fuoco», una statua realizzata con sacchi di iuta e gesso. In occasione dell’eruzione dell’Etna del 1865 i fedeli terrorizzati la portarono dinanzi al fronte lavico che minacciava il paese. Si racconta che l’allora rettore, don Michele Cantone, incitava tra le lacrime i fedeli al pentimento e ad avere fiducia nella Madonna. All’improvviso il fuoco, sospinto da un vento furioso, investì la sacra immagine, arroventandone il viso tra le urla dei presenti. Dopo pochi secondi, tornò la calma. E la lava si fermò.
Maria Gabriella Leonardi
(pubblicato su Avvenire del 16 maggio 2008 Catholica)
Erano presenti l’arcivescovo di Acireale, Pio Vigo, i sacerdoti e i fedeli della zona. Il Rosario gigante, oltre ad abbellire la piazza, è diventato un modo singolare per celebrare la preghiera mariana per eccellenza: grazie, infatti, al movimento attorno alla corona, tante persone si sono sentite loro stesse una «corona vivente». Ma non è tutto giacché, come ha spiegato il rettore del Santuario, don Carmelo La Rosa: «Diverse realtà hanno già dato l’adesione al nostro invito di allargare questa corona nel territorio, realizzando i venti misteri del rosario, con stele di pietra, lungo le due strade che immettono al Santuario. Creeremo così un 'santuario diffuso' e un’area sacra che accolga i pellegrini».
Le iniziative del santuario di Vena, nascono dall’esperienza del rettore, don Carmelo La Rosa, per tanti anni missionario in Albania. In quel contesto il sacerdote sperimentò la desolazione portata nella vita di fede dalla dittatura comunista e dovette lavorare alacremente per rifondare dal nulla la realtà ecclesiale. In Italia il secolarismo e talune «tiepidezze» dei credenti sembrano togliere vitalità alla fede. Ed è per questo che un missionario fortificatosi in un contesto difficile è stato chiamato a rilanciare quel piccolo tesoro di fede, storia e arte che è il santuario di Vena. La chiesetta, alle pendici dell’Etna, custodisce l’icona della «Teotokos Glicofilusa» di Vena.
Le analisi al radio carbonio in corso dovranno stabilire se l’immagine risale al VI secolo dopo Cristo, come vuole la tradizione. In caso positivo il Santuario sarebbe uno dei più antichi d’Europa. Tra i «segni» di cui è stato testimone questo luogo e che il Santuario custodisce c’è la «Madonna del fuoco», una statua realizzata con sacchi di iuta e gesso. In occasione dell’eruzione dell’Etna del 1865 i fedeli terrorizzati la portarono dinanzi al fronte lavico che minacciava il paese. Si racconta che l’allora rettore, don Michele Cantone, incitava tra le lacrime i fedeli al pentimento e ad avere fiducia nella Madonna. All’improvviso il fuoco, sospinto da un vento furioso, investì la sacra immagine, arroventandone il viso tra le urla dei presenti. Dopo pochi secondi, tornò la calma. E la lava si fermò.
Maria Gabriella Leonardi
(pubblicato su Avvenire del 16 maggio 2008 Catholica)
lunedì 21 aprile 2008
Caltanissetta , i conflitti dimenticati «adottati» da oltre mille giovani
CALTANISSETTA
I ragazzi di Caltanissetta scoprono i conflitti dimenticati grazie al progetto “Adotta un conflitto”, sulla mondialità e la cittadinanza attiva, organizzato dalla Caritas diocesana di Caltanissetta in collaborazione con il Comune nisseno. Protagonisti dell’iniziativa gli studenti delle terze classi dei 12 istituti superiori di Caltanissetta per un totale di circa 1.125 studenti. Attraverso una serie di tre incontri formativi per classe, volti ad innescare delle discussioni, i ragazzi hanno “viaggiato per il mondo” restando nella loro città e hanno approfondito le attuali situazioni drammatiche di alcune zone geograficamente o politicamente “lontane”. Nello spirito di quanto diceva Don Milani «Ognuno è responsabile di tutto» i volontari della Caritas nissena, hanno cercato di trasmettere ai ragazzi valori quali l’obiezione di coscienza, ormai sconosciuta alle nuove generazioni, la non violenza e il consumo critico. Nel terzo incontro i ragazzi dovevano adottare un conflitto dimenticato e scoprire cosa c’è dietro la “dimenticanza mediatica”. Tutti i loro lavori ieri, sabato, sono stati presentati in piazza a Catanissetta durante la “Festa dei popoli”.
Un convegno ha preceduto la festa a cui sono intervenuti, tra gli altri, il Vescovo Mario Russotto, Alberto Chiara, giornalista di Famiglia Cristiana, Paolo Beccegato, responsabile dell’area internazionale di Caritas italiana e Don Luciano Gonzales, missionario in Costa d’Avorio.
Maria Gabriella Leonardi
(Pubblicato su AVVENIRE del 20 aprile 2008)
I ragazzi di Caltanissetta scoprono i conflitti dimenticati grazie al progetto “Adotta un conflitto”, sulla mondialità e la cittadinanza attiva, organizzato dalla Caritas diocesana di Caltanissetta in collaborazione con il Comune nisseno. Protagonisti dell’iniziativa gli studenti delle terze classi dei 12 istituti superiori di Caltanissetta per un totale di circa 1.125 studenti. Attraverso una serie di tre incontri formativi per classe, volti ad innescare delle discussioni, i ragazzi hanno “viaggiato per il mondo” restando nella loro città e hanno approfondito le attuali situazioni drammatiche di alcune zone geograficamente o politicamente “lontane”. Nello spirito di quanto diceva Don Milani «Ognuno è responsabile di tutto» i volontari della Caritas nissena, hanno cercato di trasmettere ai ragazzi valori quali l’obiezione di coscienza, ormai sconosciuta alle nuove generazioni, la non violenza e il consumo critico. Nel terzo incontro i ragazzi dovevano adottare un conflitto dimenticato e scoprire cosa c’è dietro la “dimenticanza mediatica”. Tutti i loro lavori ieri, sabato, sono stati presentati in piazza a Catanissetta durante la “Festa dei popoli”.
Un convegno ha preceduto la festa a cui sono intervenuti, tra gli altri, il Vescovo Mario Russotto, Alberto Chiara, giornalista di Famiglia Cristiana, Paolo Beccegato, responsabile dell’area internazionale di Caritas italiana e Don Luciano Gonzales, missionario in Costa d’Avorio.
Maria Gabriella Leonardi
(Pubblicato su AVVENIRE del 20 aprile 2008)
giovedì 10 aprile 2008
I medici che non prescrivono la "pillola del giorno dopo"
I medici e i farmacisti che rifiutano di prescrivere o vendere la pillola del giorno dopo sono molto più numerosi di quanto nemmeno immagini Miriam Mafai su Repubblica di qualche giorno fa, secondo la quale i medici obiettori di coscienza pisani sarebbero 'mosche bianche'. Solo per fare un esempio, a Giarre, un Comune catanese di 27.000 abitanti, gli obiettori di coscienza, tra medici e farmacisti, sono almeno tre: nessuno ha mai avuto sanzioni disciplinari da parte della Asl o da chicchessia. Una scelta impopolare, l’obiezione di coscienza, visto che il sabato sera numerosi ragazzi vanno al pronto soccorso o alla guardia medica chiedendo la pillola del giorno dopo mentre il lunedì mattina, prima di andare a scuola, ci provano pure al consultorio: altro che contraccezione d’emergenza, i ragazzi ne fanno un uso frequente. Ma quel che è peggio è che i medici non sono in rete tra loro e non possono monitorare l’uso o l’abuso che le ragazze fanno di questo farmaco, con forte carica ormonale che, a lungo andare, può provocare danni alla salute.
T ra i medici che non prescrivono la pillola del giorno dopo anche il dottor Salvo Mauro, ginecologo del Consultorio della Asl di Giarre che spiega: «Accertato che la pillola del giorno dopo agisce con un meccanismo antinidatorio, provocando il mancato impianto dell’embrione concepito, il medico obiettore, anche se pubblico ufficiale, può rifiutarsi di prescriverla perché fermamente convito che la vita di un essere umano cominci al concepimento e che qualunque atto lesivo intenzionale in questo delicato momento possa interrompere il percorso vitale. Non esiste nessuna differenza sostanziale tra aborto chimico 'precoce' e aborto strumentale 'tardivo', in quanto sempre di aborto si tratta. Né si può sostenere che sia preferibile il male minore della pillola del giorno dopo per evitare il male maggiore dell’aborto chirurgico, perché sempre male è. La legge 194/78 sulla interruzione volontaria della gravidanza prevede la non punibilità dell’aborto solo nel rispetto di alcune procedure, come il colloquio con la donna e l’accertamento dello stato di gravidanza e dell’epoca di gestazione».
« A
l di fuori di queste procedure – prosegue il medico – l’aborto diventa un atto antigiuridico, al pari di quello clandestino.
L’eventuale prescrizione della pillola giorno da parte del medico non rispetta l’iter procedurale previsto dalla legge 194/78 e di conseguenza il medico può rifiutarsi di prescriverlo non solo per motivi etici ma anche giuridici. Né tantomeno l’obiezione di coscienza può essere configurabile a un’omissione di atto dovuto in quanto è scientificamente dimostrabile l’azione antinidatoria, e quindi abortiva, del preparato».
I nsomma, è proprio il rispetto della legge sull’aborto che vieta la prescrizione della pillola del giorno dopo. «Anche il farmacista può rifiutarsi di dispensare questi prodotti, potendosi rendere corresponsabile di un aborto illegale – ribadisce Mauro –.Non solo.
L’obiezione non è appannaggio di medici e farmacisti, ma di tutti gli operatori sanitari che vedono svilita la stessa legge 194/78 e che avvertono la superficialità di questa pratica abortiva e il mancato rispetto di procedure stabilite».
Maria Gabriella Leonardi(pubblicato sull'interto "E'Vita" di avvenire del 10 aprile 2008)
T ra i medici che non prescrivono la pillola del giorno dopo anche il dottor Salvo Mauro, ginecologo del Consultorio della Asl di Giarre che spiega: «Accertato che la pillola del giorno dopo agisce con un meccanismo antinidatorio, provocando il mancato impianto dell’embrione concepito, il medico obiettore, anche se pubblico ufficiale, può rifiutarsi di prescriverla perché fermamente convito che la vita di un essere umano cominci al concepimento e che qualunque atto lesivo intenzionale in questo delicato momento possa interrompere il percorso vitale. Non esiste nessuna differenza sostanziale tra aborto chimico 'precoce' e aborto strumentale 'tardivo', in quanto sempre di aborto si tratta. Né si può sostenere che sia preferibile il male minore della pillola del giorno dopo per evitare il male maggiore dell’aborto chirurgico, perché sempre male è. La legge 194/78 sulla interruzione volontaria della gravidanza prevede la non punibilità dell’aborto solo nel rispetto di alcune procedure, come il colloquio con la donna e l’accertamento dello stato di gravidanza e dell’epoca di gestazione».
« A
l di fuori di queste procedure – prosegue il medico – l’aborto diventa un atto antigiuridico, al pari di quello clandestino.
L’eventuale prescrizione della pillola giorno da parte del medico non rispetta l’iter procedurale previsto dalla legge 194/78 e di conseguenza il medico può rifiutarsi di prescriverlo non solo per motivi etici ma anche giuridici. Né tantomeno l’obiezione di coscienza può essere configurabile a un’omissione di atto dovuto in quanto è scientificamente dimostrabile l’azione antinidatoria, e quindi abortiva, del preparato».
I nsomma, è proprio il rispetto della legge sull’aborto che vieta la prescrizione della pillola del giorno dopo. «Anche il farmacista può rifiutarsi di dispensare questi prodotti, potendosi rendere corresponsabile di un aborto illegale – ribadisce Mauro –.Non solo.
L’obiezione non è appannaggio di medici e farmacisti, ma di tutti gli operatori sanitari che vedono svilita la stessa legge 194/78 e che avvertono la superficialità di questa pratica abortiva e il mancato rispetto di procedure stabilite».
Maria Gabriella Leonardi(pubblicato sull'interto "E'Vita" di avvenire del 10 aprile 2008)
lunedì 7 aprile 2008
«L’Humanae Vitae è valida ancora oggi»
MESSINA Il dialogo profondo, il sapersi controllare, il rispetto dell’altro/altra, il senso di responsabilità: sono gli atteggiamenti che vivono i coniugi che scelgono di regolare con i metodi naturali la fecondità del loro amore, ma sono anche gli at- teggiamenti che tengono uniti nel tempo due sposi, uno stesso filo rosso lega due momenti fondamentali dell’esistenza umana: l’amore e la capacità di mettere al mondo dei figli. E non a caso in un tempo in cui non ci sono più tabù sessuali aumentano le separazioni e i divorzi. Di amore e di apertura alla vita si è parlato a Messina all’istituto teologico «San Tommaso» in un simposio che ha voluto tracciare un bilancio teologico e pastorale a 40 anni dall’Humanae Vitae, l’enciclica scritta da Paolo VI. «Questo simposio ha messo in luce la ricchezza dottrinale e pastorale della Humanae Vitae per la società di oggi – spiega don Giovanni Russo, preside del “San Tommaso” –; nonostante alcuni dissensi, anche di teologi, l’Humanae
Vitae ancora oggi mantiene una proposta profetica di cammino, perché ogni famiglia possa vivere una spiritualità coniugale che la renda missionaria». Eppure anche 40 anni fa a tanti non piacque quel ribadire di Paolo VI che unione e procreazione sono due aspetti inscindibili dell’amore coniugale e che il contraccettivo artificiale li disgiunge. «All’inizio provai anch’io un senso di smarrimento – afferma Cettina Sgalambro, direttrice di un consultorio familiare messinese – adesso dopo 37 anni di matrimonio posso dire che la strada giusta era quella indicata dall’enciclica. Tra la pillola anticoncezionale e i metodi naturali sembrava ci fosse solo una differenza formale, invece è fondamentale: i contraccettivi impediscono il concepimento, i metodi naturali sono diagnostici, indicano i periodi di fertilità e di infertilità. Con i contraccettivi solo uno dei due prende l’onere di evitare la gravidanza, l’altro si deresponsabilizza: con la regolazione naturale è la coppia che sceglie; con i contraccettivi si scade nella routine, la regolazione naturale rinnova l’amore e il desiderio; e nel periodo fertile, la coppia sperimenta altri canali per scambiarsi la tenerezza ». Tuttavia, sono una minoranza i fedeli che osservano l’Humanae Vitae:
è da buttare allora quest’enciclica?
«Il bene e il male non risiedono nelle statistiche – spiega don Raimondo Frattalone, docente di Teologia morale – la verità non sta nella quantità, ma in sé stessa ». E aggiunge: «La moralità risiede nel fine che si vuole raggiungere, ma vi devono corrispondere anche mezzi leciti». E nella Humanae Vitae Paolo VI indica le vie lecite e illecite per la regolazione della natalità. E poi c’è l’importanza del magistero: «In questi 40 anni si è capito meglio il suo ruolo – sottolinea don Raimondo – e si vede come ogni volta che parla il Papa in pubblico ci sono sempre tante persone: ne abbiamo bisogno, non siamo tutti sicuri dentro ». Soprattutto ora che «da una famiglia patriarcale siamo passati a una famiglia postmoderna confusa e senza ruoli» delineata da Girolamo Cotroneo, docente di Storia della filosofia all’Università di Messina. «Abbiamo voluto sottolineare il ruolo e l’importanza dei consultori familiari e dei gruppi ecclesiali di animazione familiare – conclude don Giovanni Russo – è fondamentale il compito dei laici e delle famiglie nel contesto attuale, molto disorientato e bisognoso di valori autentici».
(Pubblicato su AVVENIRE del 6 aprile 2008)
mercoledì 2 aprile 2008
A Gela due giornate di incontri su come sostenere genitori e figli
GELA (CL). «Cari genitori, non promettete regali in cambio della promozione. Fatevi un dono maturo: costruite una relazione profonda con i vostri figli». È l’ appello delle associazioni di volontariato di Gela (Caltanissetta), di cui è responsabile Enzo Madonna, che in una nota spiegano: «Le relazioni, anche in famiglia, pare abbiano assunto una dimensione commerciale, e si incentiva lo studio o la responsabilità con regali e promesse. Bisogna avere il coraggio di educare i propri figli e fare in modo che costruiscano la loro personalità attraverso un impatto con la vita che li renda responsabili e consapevoli del loro ruolo». Le associazioni gelesi da tre anni cercano di costruire una 'città educativa'; a tal fine sono sostenute dal Centro di servizi per il volontariato di Palermo e partner è anche la diocesi di Piazza Armerina tramite la pastorale della Cultura, della Famiglia e dei Giovani. Aiutare la famiglia a costruire relazioni significative è inoltre l’obiettivo di una due giorni in programma presso la Casa del volontariato 'Padre Pino Puglisi' i prossimi 4 e 5 aprile. Si tratta di un laboratorio intitolato 'Genitori e figli:rapporto dinamico' rivolto a genitori, insegnanti ed educatori.
Previsti un 'Family pizza' con esperti che risponderanno ai dubbi di genitori e figli; un talk show nel dopo cena su 'Il nichilismo e i giovani'; sabato sarà la volta dei workshop e di un tg Genitori. Il corso sarà condotto dagli esperti di Creativ, guidati da Giulio Carpi.
Interverrà anche Massimo Introvigne, presidente del Cesnur (Centro studi nuove religioni) con un contributo su 'Società, complessità e sfida educativa'.
Maria Gabriella Leonardi
(pubblicato su AVVENIRE del 2 aprile 2008)
Previsti un 'Family pizza' con esperti che risponderanno ai dubbi di genitori e figli; un talk show nel dopo cena su 'Il nichilismo e i giovani'; sabato sarà la volta dei workshop e di un tg Genitori. Il corso sarà condotto dagli esperti di Creativ, guidati da Giulio Carpi.
Interverrà anche Massimo Introvigne, presidente del Cesnur (Centro studi nuove religioni) con un contributo su 'Società, complessità e sfida educativa'.
Maria Gabriella Leonardi
(pubblicato su AVVENIRE del 2 aprile 2008)
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