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venerdì 16 maggio 2008

Santuario della Vena, un Rosario di 60 metri

L a fantasia del bene crea nuove strade per ravvivare la fede. Come accade nel santuario di Santa Maria della Vena, nell’omonima frazione di Piedimonte Etneo, nel Catanese. Qui il mese di maggio è stato aperto con una celebrazione mariana, in piazza, attorno a una coro- na del Rosario «gigante» lunga 60 metri e colorata con i colori dei cinque continenti.
Erano presenti l’arcivescovo di Acireale, Pio Vigo, i sacerdoti e i fedeli della zona. Il Rosario gigante, oltre ad abbellire la piazza, è diventato un modo singolare per celebrare la preghiera mariana per eccellenza: grazie, infatti, al movimento attorno alla corona, tante persone si sono sentite loro stesse una «corona vivente». Ma non è tutto giacché, come ha spiegato il rettore del Santuario, don Carmelo La Rosa: «Diverse realtà hanno già dato l’adesione al nostro invito di allargare questa corona nel territorio, realizzando i venti misteri del rosario, con stele di pietra, lungo le due strade che immettono al Santuario. Creeremo così un 'santuario diffuso' e un’area sacra che accolga i pellegrini».
Le iniziative del santuario di Vena, nascono dall’esperienza del rettore, don Carmelo La Rosa, per tanti anni missionario in Albania. In quel contesto il sacerdote sperimentò la desolazione portata nella vita di fede dalla dittatura comunista e dovette lavorare alacremente per rifondare dal nulla la realtà ecclesiale. In Italia il secolarismo e talune «tiepidezze» dei credenti sembrano togliere vitalità alla fede. Ed è per questo che un missionario fortificatosi in un contesto difficile è stato chiamato a rilanciare quel piccolo tesoro di fede, storia e arte che è il santuario di Vena. La chiesetta, alle pendici dell’Etna, custodisce l’icona della «Teotokos Glicofilusa» di Vena.
Le analisi al radio carbonio in corso dovranno stabilire se l’immagine risale al VI secolo dopo Cristo, come vuole la tradizione. In caso positivo il Santuario sarebbe uno dei più antichi d’Europa. Tra i «segni» di cui è stato testimone questo luogo e che il Santuario custodisce c’è la «Madonna del fuoco», una statua realizzata con sacchi di iuta e gesso. In occasione dell’eruzione dell’Etna del 1865 i fedeli terrorizzati la portarono dinanzi al fronte lavico che minacciava il paese. Si racconta che l’allora rettore, don Michele Cantone, incitava tra le lacrime i fedeli al pentimento e ad avere fiducia nella Madonna. All’improvviso il fuoco, sospinto da un vento furioso, investì la sacra immagine, arroventandone il viso tra le urla dei presenti. Dopo pochi secondi, tornò la calma. E la lava si fermò.
Maria Gabriella Leonardi
(pubblicato su Avvenire del 16 maggio 2008 Catholica)

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