CALTAGIRONE. La diocesi di Caltagirone ha vissuto nei giorni scorsi il proprio convegno pastorale diocesano sul tema «Testimoni del 'grande sì' di Dio all’uomo». Un appuntamento che, in genere, viene organizzato nei mesi autunnali e che, invece, la diocesi calatina ha anticipato per offrire una maggiore disponibilità di tempo ed occasioni di confronto per il discernimento comunitario. L’anticipo del convegno è stato una delle novità di quest’anno insieme alle assemblee zonali o cittadine degli operatori pastorali. Monsignor Umberto Pedi, coordinatore della pastorale diocesana, ha spiegato: «Intendiamo contribuire alla costruzione di una pastorale integrata e partecipata. Le nostre parrocchie devono ripensare il loro rapporto con il territorio ed essere significativamente presenti negli ambienti di vita per comunicare il Vangelo a quanti non conoscono Cristo». Negli orientamenti programmatici diocesani, viene chiamata in causa la comunità parrocchiale che deve coltivare il suo volto missionario, ripensare il rapporto con il territorio, le istituzioni e gli uffici diocesani, collaborare con le altre parrocchie della zona, concertare l’azione pastorale in comunione con le comunità religiose e le aggregazioni laicali. Imprescindibile per la pastorale d’ambiente è inoltre la testimonianza di laici cristianamente formati e impegnati. Pertanto il programma per il biennio 2008-2010 si propone anche come percorso di formazione dei laici e delle équipes zonali, propedeutico all’avviamento del progetto di pastorale integrata e d’ambiente. La Chiesa calatina è in cerca di un’icona che esprima anche simbolicamente lo spirito di questo progetto pastorale.
Testimoni durante il biennio saranno l’apostolo Paolo e il servo di Dio don Luigi Sturzo, espressione della comunità calatina. «Non fatevi sopraffare dall’insoddisfazione – ha esortato il vescovo di Caltagirone, Vincenzo Manzella –. Molto deve essere fatto, ma molto è stato già fatto.
Noi possiamo fare tutto se, con umiltà e pazienza, ci metteremo a lavorare insieme. Concordi nell’insegnamento degli Apostoli».
Maria Gabriella Leonardi
(pubblicato su AVVENIRE del 3 luglio 2008)
Questo blog raccoglie i miei articoli pubblicati sul quotidiano nazionale di ispirazione cattolica "Avvenire". Sono articoli in cui mi sforzo di raccontare cosa fanno tanti siciliani che si prodigano per gli altri e testimoniano tra gli uomini l'amore e la presenza di Dio. Questo blog vuole essere un omaggio e un grazie ai numerosi credenti siciliani che ho il piacere di conoscere e che con la loro testimonianza arricchiscono anche la mia vita e mi spronano ad essere migliore. MGL
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giovedì 3 luglio 2008
venerdì 13 giugno 2008
DISPUTA A CATANIA
Venerdì 13 giugno alle ore 20 la Missione Chiesa- Mondo organizza a Catania , nella « Tenda di Ulisse » , una pubblica disputa tra credenti e non credenti.
Interverranno Giuseppe Savagnone, docente di Storia e filosofia nei Licei statali di Palermo, e Piergiorgio Odifreddi, docente di Logica e Matematica presso l’Università di Torino.
Modererà monsignor Antonio Fallico, responsabile della missione Chiesa- Mondo e vicario episcopale per la pastorale della diocesi di Catania . Sarà presente l’arcivescovo di Catania , monsignor Salvatore Gristina.
L’incontro prende spunto dall’ultimo libro di Savagnone, « Processo a Gesù » .
(pubblicato su Avvenire del 13 giugno 2008, sez. AGORA')
Interverranno Giuseppe Savagnone, docente di Storia e filosofia nei Licei statali di Palermo, e Piergiorgio Odifreddi, docente di Logica e Matematica presso l’Università di Torino.
Modererà monsignor Antonio Fallico, responsabile della missione Chiesa- Mondo e vicario episcopale per la pastorale della diocesi di Catania . Sarà presente l’arcivescovo di Catania , monsignor Salvatore Gristina.
L’incontro prende spunto dall’ultimo libro di Savagnone, « Processo a Gesù » .
(pubblicato su Avvenire del 13 giugno 2008, sez. AGORA')
giovedì 12 giugno 2008
A Mistretta un corso per nuovi operatori di Centri aiuto alla vita
In vista dell’apertura a Mistretta (Messina) il 26 luglio di un centro di aiuto alla vita il Movimento per la vita e Centro di aiuto alla vita di Mistretta organizza il 1° Corso di formazione per operatori dei Cav. Il primo incontro sarà oggi alle ore 16,30 nella parrocchia Santa Lucia sul tema
«Il volontariato per la vita: per i bambini, con le donne, nella cultura e nella società ». Relatori Angela Maria Provenzale, presidente di Mpv e Cav di Mistretta , e Marco Fallaci, componente consiglio direttivo della Federazione regionale Mpv e
Cav. (M.G.L.)
(Pubblicato su AVVENIRE sez. E'Vita del 12 giugno 2008)
«Il volontariato per la vita: per i bambini, con le donne, nella cultura e nella società ». Relatori Angela Maria Provenzale, presidente di Mpv e Cav di Mistretta , e Marco Fallaci, componente consiglio direttivo della Federazione regionale Mpv e
Cav. (M.G.L.)
(Pubblicato su AVVENIRE sez. E'Vita del 12 giugno 2008)
Un anno per santa Eustochia
MESSINA
Prende il via oggi a Messina l’Anno Eustochiano indetto dall’arcidiocesi di Messina-Lipari-Santa Lucia del Mela, dalle clarisse del monastero di Montevergine e dal comitato per le celebrazioni, presieduto dal cappellano monsignor Pietro Aliquò. L’anno si concluderà l’11 giugno 2009 e celebra l’anniversario della canonizzazione della clarissa suor Eustochia Smeralda Calafato – l’«innamorata del Crocifisso», com’è ricordata – da parte di Giovanni Paolo II, nel 1988, durante la visita pastorale dello stesso Wojtyla nella città siciliana. Smeralda Calafato, ultimogenita di una ricca famiglia messinese, ebbe la vita segnata da una prodigiosa visione. Le apparve Gesù Crocifisso. Così decise a 15 anni di entrare nel monastero delle Clarisse di Basicò dove visse fino alla morte avvenuta nel 1485. Più volte nei secoli ha protetto Messina al punto che il Senato messinese, nel 1777, le affidò la città. L’anno eustochiano vuole approfondire e attualizzare la vita della santa attraverso diversi itinerari: liturgico, formativo, culturale, editoriale, scolastico, dei pellegrinaggi e mass-mediale. Giovedì 19 giugno, nella chiesa di santa Eustochia con una solenne celebrazione eucaristica, l’arcivescovo Calogero La Piana inaugurerà l’anno eustochiano. Sarà allestita una mostra fotografica sulla canonizzazione della santa. Il 27 giugno alle 19 nel monastero di Montevergine, è previsto un incontro sul tema «Il magistero di Giovanni Paolo II a Messina».
Maria Gabriella Leonardi
(pubblicato su AVVENIRE sez.CATHOLICA dell'11 giugno 2008)
Prende il via oggi a Messina l’Anno Eustochiano indetto dall’arcidiocesi di Messina-Lipari-Santa Lucia del Mela, dalle clarisse del monastero di Montevergine e dal comitato per le celebrazioni, presieduto dal cappellano monsignor Pietro Aliquò. L’anno si concluderà l’11 giugno 2009 e celebra l’anniversario della canonizzazione della clarissa suor Eustochia Smeralda Calafato – l’«innamorata del Crocifisso», com’è ricordata – da parte di Giovanni Paolo II, nel 1988, durante la visita pastorale dello stesso Wojtyla nella città siciliana. Smeralda Calafato, ultimogenita di una ricca famiglia messinese, ebbe la vita segnata da una prodigiosa visione. Le apparve Gesù Crocifisso. Così decise a 15 anni di entrare nel monastero delle Clarisse di Basicò dove visse fino alla morte avvenuta nel 1485. Più volte nei secoli ha protetto Messina al punto che il Senato messinese, nel 1777, le affidò la città. L’anno eustochiano vuole approfondire e attualizzare la vita della santa attraverso diversi itinerari: liturgico, formativo, culturale, editoriale, scolastico, dei pellegrinaggi e mass-mediale. Giovedì 19 giugno, nella chiesa di santa Eustochia con una solenne celebrazione eucaristica, l’arcivescovo Calogero La Piana inaugurerà l’anno eustochiano. Sarà allestita una mostra fotografica sulla canonizzazione della santa. Il 27 giugno alle 19 nel monastero di Montevergine, è previsto un incontro sul tema «Il magistero di Giovanni Paolo II a Messina».
Maria Gabriella Leonardi
(pubblicato su AVVENIRE sez.CATHOLICA dell'11 giugno 2008)
lunedì 26 maggio 2008
«No alla criminalità». A Gela sfilano tremila studenti
Resistere all’individualismo, alla violenza, alla solitudine per impegnarsi nel volontariato e nella città.Vogliono fare più rumore dei loro coetanei al centro delle cronache nere i tremila studenti di Gela, di tutte le scuole superiori che, insieme alle associazioni di volontariato, ieri, sabato, hanno dichiarato la loro volontà a costruire legami veri basati sulla solidarietà. L’occasione nella città nissena, era data dalla giornata dell’arte, della solidarietà e della creatività studentesca e del volontariato, intitolata, riprendendo una canzone di Jovanotti, 'Io lo so che non sono solo'. A organizzare l’iniziativa il coordinamento delle 32 associazioni di volontariato della città, guidate dal MoVi e sostenute dal CeSVoP (Centro di Servizi per il Volontariato di Palermo), il coordinamento degli studenti delle scuole superiori e la consulta provinciale degli studenti. Nella piazza Santa Teresa Valsè, nel quartiere Macchitella, i giovani hanno proclamato la loro 'rivoluzione' con la musica, con i cortometraggi, con la break dance, con dibattiti e con murales.
Dal 2004 a Gela è iniziato un lento lavoro di coordinamento del volontariato. I primi risultati sono una rete della società civile che chiede trasparenza, nuovi strumenti di partecipazione dei giovani, spazi e risorse per l’educazione, espressione di una città che vuole togliersi il marchio di città mafiosa.
«I giovani gridano che ci sono e reclamano accanto adulti seri, motivati, capaci di mettersi in ascolto e di metterli al centro dei loro impegni - ha dichiarato Enzo Madonia, responsabile del MoVi e del CeSVoP a Gela - . Ancora oggi le risposte alla crisi educativa sono scarse perché frammentate e con pochi contenuti, non coinvolgenti e soprattutto precarie. Non si tratta di costruire qualcosa per loro, ma con loro. Ma questo richiede una politica matura e capace di promuovere la dignità umana piuttosto che continuare a creare precariato e assistenzialismo».
«Non ha senso partecipare a marce antimafia o lavorare gratuitamente per qualche ora in un terreno sequestrato ad un mafioso se poi si consuma droga e si fanno acquisti in negozi che pagano il pizzo, aumentando il potere economico della mafia - ha detto ai giovani, monsignor Michele Pennisi, vescovo di Piazza Armerina - . Il volontario è chiamato a vivere la propria esperienza in modo coerente con i valori che fondano l’agire volontario, che assume inevitabilmente una connotazione etica che assume i volti della responsabilità e del servizio solerte e disinteressato che deve caratterizzare tutta la propria vita».
Ieri la giornata dell’arte, della solidarietà, e volontariato
(pubblicato su AVVENIRE del 25 maggio 2008)
Dal 2004 a Gela è iniziato un lento lavoro di coordinamento del volontariato. I primi risultati sono una rete della società civile che chiede trasparenza, nuovi strumenti di partecipazione dei giovani, spazi e risorse per l’educazione, espressione di una città che vuole togliersi il marchio di città mafiosa.
«I giovani gridano che ci sono e reclamano accanto adulti seri, motivati, capaci di mettersi in ascolto e di metterli al centro dei loro impegni - ha dichiarato Enzo Madonia, responsabile del MoVi e del CeSVoP a Gela - . Ancora oggi le risposte alla crisi educativa sono scarse perché frammentate e con pochi contenuti, non coinvolgenti e soprattutto precarie. Non si tratta di costruire qualcosa per loro, ma con loro. Ma questo richiede una politica matura e capace di promuovere la dignità umana piuttosto che continuare a creare precariato e assistenzialismo».
«Non ha senso partecipare a marce antimafia o lavorare gratuitamente per qualche ora in un terreno sequestrato ad un mafioso se poi si consuma droga e si fanno acquisti in negozi che pagano il pizzo, aumentando il potere economico della mafia - ha detto ai giovani, monsignor Michele Pennisi, vescovo di Piazza Armerina - . Il volontario è chiamato a vivere la propria esperienza in modo coerente con i valori che fondano l’agire volontario, che assume inevitabilmente una connotazione etica che assume i volti della responsabilità e del servizio solerte e disinteressato che deve caratterizzare tutta la propria vita».
Ieri la giornata dell’arte, della solidarietà, e volontariato
(pubblicato su AVVENIRE del 25 maggio 2008)
martedì 20 maggio 2008
Catania L’iniziativa controcorrente: portare 20 bambini a scuola
Mentre in Italia imperversa la caccia ai rom, a Catania, dall’inizio dell’anno scolastico, la Caritas diocesana è impegnata a portare a scuola 20 bambini rom. Un’iniziativa controcorrente, nata in tempi in cui i rom non interessavano quasi a alcuno. Sono mesi ormai che ogni mattina un furgoncino della Caritas va a prendere i bambini nomadi che vivono in uno dei campi nomadi catanesi. Da lì li accompagna in sette scuole elementari della città: portarli in una sola scuola sarebbe stato più semplice ma si sarebbe corso il rischio di creare una scuolaghetto. All’ora dell’uscita, il furgoncino fa il giro delle scuole per prendere i bambini e portali in un centro Caritas in via Santa Maddalena, nel centro storico di Catania. Qui i bimbi pranzano e poi fanno i compiti. Li aiutano una quindicina di persone tra volontari, ragazzi del servizio civile, operatori e una mediatrice culturale. «La caccia alle streghe è frutto dell’assenza di relazione spiega il direttore diocesano della Caritas di Catania, padre Valerio Di Trapani - il più grande risultato del nostro progetto è stata invece la possibilità di accostare questi bambini e le loro famiglie alle realtà del territorio, e questa relazione è stata assolutamente pacifica». La Caritas, prima dell’inizio dell’anno scolastico, ha contattato l’osservatorio integrato d’area, di cui fanno parte i presidi delle scuole locali: l’iscrizione dei bimbi rom è stata a lungo preparata.
La Caritas ha anche fornito il materiale didattico ai piccoli rom e agli incontri scuolafamiglia vanno anche i suoi operatori; oltre che ai bambini, i volontari dedicano diverse attività anche alle rispettive famiglie. Tra le materie del dopo-scuola c’è anche l’educazione alimentare e l’igiene: d’altra parte se questi bimbi non sono ben curati i compagnetti starebbero alla larga. Com’è andata?
«Abbastanza bene- risponde padre Valerio - qualcuno dei bambini ha anche fatto la recita di Natale, qualcun altro è andato in gita scolastica».
Tuttavia, in questi giorni difficili, padre Valerio non nasconde le sue paure: «L’aria che si respira è impregnata di odio e di vendetta. Ho paura che questa ferocia coinvolga anche i bambini rom che, seppur in maniera discontinua, hanno scelto di frequentare la scuola a Catania. Ho paura anche per Daniel, Lucian e i tanti altri amici che, sostenuti dai volontari della Caritas, con tenacia insegnano ai loro figli il valore del rispetto della famiglia, delle regole di buona educazione ma che vedono profilarsi tempi terribili». Padre Valerio non condivide quello che sta accadendo: «esprimo un forte dissenso contro la caccia all’untore che caratterizza questi giorni. Io non ci sto agli sgomberi coatti e alle 'soluzioni estetiche'». A Catania, malgrado quanto viene fatto, resta l’amaro per quanto potrebbe farsi: Caritas diocesana e Croce Rossa,da anni, infatti, propongono al Comune di allestire un’area di sosta per rom: in cambio di un alloggio più dignitoso ai rom che avrebbero aderito al progetto sarebbe stato chiesto il rispetto della legalità. Il comune di Catania aveva anche individuato un’area da attrezzare con luce e acqua; un intervento non troppo costoso e realizzabile in poco tempo per cui Caritas diocesana e Croce rossa potrebbero mettere a disposizione volontari e container. Quello che è mancato in questi anni è stata la volontà politica.
«Siamo stati sempre pronti a sbracciarci le maniche per dare maggiore dignità ai rom e per favorire una reale e pacifica integrazione, rispettosa delle regole- aggiunge padre Valerio -. Ma purtroppo oggi è più facile fare discorsi qualunquistici e banali».
MARIA GABRIELLA LEONARDI
(Pubblicato su AVVENIRE del 16 maggio 2008)
La Caritas ha anche fornito il materiale didattico ai piccoli rom e agli incontri scuolafamiglia vanno anche i suoi operatori; oltre che ai bambini, i volontari dedicano diverse attività anche alle rispettive famiglie. Tra le materie del dopo-scuola c’è anche l’educazione alimentare e l’igiene: d’altra parte se questi bimbi non sono ben curati i compagnetti starebbero alla larga. Com’è andata?
«Abbastanza bene- risponde padre Valerio - qualcuno dei bambini ha anche fatto la recita di Natale, qualcun altro è andato in gita scolastica».
Tuttavia, in questi giorni difficili, padre Valerio non nasconde le sue paure: «L’aria che si respira è impregnata di odio e di vendetta. Ho paura che questa ferocia coinvolga anche i bambini rom che, seppur in maniera discontinua, hanno scelto di frequentare la scuola a Catania. Ho paura anche per Daniel, Lucian e i tanti altri amici che, sostenuti dai volontari della Caritas, con tenacia insegnano ai loro figli il valore del rispetto della famiglia, delle regole di buona educazione ma che vedono profilarsi tempi terribili». Padre Valerio non condivide quello che sta accadendo: «esprimo un forte dissenso contro la caccia all’untore che caratterizza questi giorni. Io non ci sto agli sgomberi coatti e alle 'soluzioni estetiche'». A Catania, malgrado quanto viene fatto, resta l’amaro per quanto potrebbe farsi: Caritas diocesana e Croce Rossa,da anni, infatti, propongono al Comune di allestire un’area di sosta per rom: in cambio di un alloggio più dignitoso ai rom che avrebbero aderito al progetto sarebbe stato chiesto il rispetto della legalità. Il comune di Catania aveva anche individuato un’area da attrezzare con luce e acqua; un intervento non troppo costoso e realizzabile in poco tempo per cui Caritas diocesana e Croce rossa potrebbero mettere a disposizione volontari e container. Quello che è mancato in questi anni è stata la volontà politica.
«Siamo stati sempre pronti a sbracciarci le maniche per dare maggiore dignità ai rom e per favorire una reale e pacifica integrazione, rispettosa delle regole- aggiunge padre Valerio -. Ma purtroppo oggi è più facile fare discorsi qualunquistici e banali».
MARIA GABRIELLA LEONARDI
(Pubblicato su AVVENIRE del 16 maggio 2008)
venerdì 16 maggio 2008
Santuario della Vena, un Rosario di 60 metri
L a fantasia del bene crea nuove strade per ravvivare la fede. Come accade nel santuario di Santa Maria della Vena, nell’omonima frazione di Piedimonte Etneo, nel Catanese. Qui il mese di maggio è stato aperto con una celebrazione mariana, in piazza, attorno a una coro- na del Rosario «gigante» lunga 60 metri e colorata con i colori dei cinque continenti.
Erano presenti l’arcivescovo di Acireale, Pio Vigo, i sacerdoti e i fedeli della zona. Il Rosario gigante, oltre ad abbellire la piazza, è diventato un modo singolare per celebrare la preghiera mariana per eccellenza: grazie, infatti, al movimento attorno alla corona, tante persone si sono sentite loro stesse una «corona vivente». Ma non è tutto giacché, come ha spiegato il rettore del Santuario, don Carmelo La Rosa: «Diverse realtà hanno già dato l’adesione al nostro invito di allargare questa corona nel territorio, realizzando i venti misteri del rosario, con stele di pietra, lungo le due strade che immettono al Santuario. Creeremo così un 'santuario diffuso' e un’area sacra che accolga i pellegrini».
Le iniziative del santuario di Vena, nascono dall’esperienza del rettore, don Carmelo La Rosa, per tanti anni missionario in Albania. In quel contesto il sacerdote sperimentò la desolazione portata nella vita di fede dalla dittatura comunista e dovette lavorare alacremente per rifondare dal nulla la realtà ecclesiale. In Italia il secolarismo e talune «tiepidezze» dei credenti sembrano togliere vitalità alla fede. Ed è per questo che un missionario fortificatosi in un contesto difficile è stato chiamato a rilanciare quel piccolo tesoro di fede, storia e arte che è il santuario di Vena. La chiesetta, alle pendici dell’Etna, custodisce l’icona della «Teotokos Glicofilusa» di Vena.
Le analisi al radio carbonio in corso dovranno stabilire se l’immagine risale al VI secolo dopo Cristo, come vuole la tradizione. In caso positivo il Santuario sarebbe uno dei più antichi d’Europa. Tra i «segni» di cui è stato testimone questo luogo e che il Santuario custodisce c’è la «Madonna del fuoco», una statua realizzata con sacchi di iuta e gesso. In occasione dell’eruzione dell’Etna del 1865 i fedeli terrorizzati la portarono dinanzi al fronte lavico che minacciava il paese. Si racconta che l’allora rettore, don Michele Cantone, incitava tra le lacrime i fedeli al pentimento e ad avere fiducia nella Madonna. All’improvviso il fuoco, sospinto da un vento furioso, investì la sacra immagine, arroventandone il viso tra le urla dei presenti. Dopo pochi secondi, tornò la calma. E la lava si fermò.
Maria Gabriella Leonardi
(pubblicato su Avvenire del 16 maggio 2008 Catholica)
Erano presenti l’arcivescovo di Acireale, Pio Vigo, i sacerdoti e i fedeli della zona. Il Rosario gigante, oltre ad abbellire la piazza, è diventato un modo singolare per celebrare la preghiera mariana per eccellenza: grazie, infatti, al movimento attorno alla corona, tante persone si sono sentite loro stesse una «corona vivente». Ma non è tutto giacché, come ha spiegato il rettore del Santuario, don Carmelo La Rosa: «Diverse realtà hanno già dato l’adesione al nostro invito di allargare questa corona nel territorio, realizzando i venti misteri del rosario, con stele di pietra, lungo le due strade che immettono al Santuario. Creeremo così un 'santuario diffuso' e un’area sacra che accolga i pellegrini».
Le iniziative del santuario di Vena, nascono dall’esperienza del rettore, don Carmelo La Rosa, per tanti anni missionario in Albania. In quel contesto il sacerdote sperimentò la desolazione portata nella vita di fede dalla dittatura comunista e dovette lavorare alacremente per rifondare dal nulla la realtà ecclesiale. In Italia il secolarismo e talune «tiepidezze» dei credenti sembrano togliere vitalità alla fede. Ed è per questo che un missionario fortificatosi in un contesto difficile è stato chiamato a rilanciare quel piccolo tesoro di fede, storia e arte che è il santuario di Vena. La chiesetta, alle pendici dell’Etna, custodisce l’icona della «Teotokos Glicofilusa» di Vena.
Le analisi al radio carbonio in corso dovranno stabilire se l’immagine risale al VI secolo dopo Cristo, come vuole la tradizione. In caso positivo il Santuario sarebbe uno dei più antichi d’Europa. Tra i «segni» di cui è stato testimone questo luogo e che il Santuario custodisce c’è la «Madonna del fuoco», una statua realizzata con sacchi di iuta e gesso. In occasione dell’eruzione dell’Etna del 1865 i fedeli terrorizzati la portarono dinanzi al fronte lavico che minacciava il paese. Si racconta che l’allora rettore, don Michele Cantone, incitava tra le lacrime i fedeli al pentimento e ad avere fiducia nella Madonna. All’improvviso il fuoco, sospinto da un vento furioso, investì la sacra immagine, arroventandone il viso tra le urla dei presenti. Dopo pochi secondi, tornò la calma. E la lava si fermò.
Maria Gabriella Leonardi
(pubblicato su Avvenire del 16 maggio 2008 Catholica)
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