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lunedì 16 luglio 2012

Tecnologia e volontari in 42 città «Ma le donne non sono informate»


DI MARIA GABRIELLA LEONARDI
L e culle per la vita riprendono, attualizzandola, l’esperienza delle ruote degli esposti e sono la testimonianza di una comunità che si muove per salvare un neonato dall’abbandono. La tecnologia ha reso molto sofisticate queste culle che – rispetto agli antenati meccanismi girevoli di legno (muniti di campanella per segnalare il “deposito” dei bebé) – sono molto più evolute: un pulsante solleva la saracinesca, un allarme speciale avverte quando la culla viene messa in azione e delle telecamere all’interno di quest’ultima evitano di mobilitare la macchina dei soccorsi per dei falsi allarmi.
Il tutto per consentire, in poco più di un minuto, alla mamma di restare anonima e al bambino di ricevere le cure di cui ha bisogno. La prima culla per la vita in Italia fu creata nel 1992 a Casale Monferrato ad opera di Giuseppe Garrone, fondatore e presidente della sezione locale del Movimento per la vita. Le culle, a mano a mano, si sono diffuse dal Piemonte in tutta Italia e anche altre organizzazioni hanno ripreso l’iniziativa allestendo una loro culla. Al momento, in Italia, se ne contano 42. Quelle del Movimento per la vita sono realizzate attraverso il volontariato e in grande economia: bastano 2mila euro per ottenerne una sul proprio territorio. Referente nazionale delle culle del Movimento per la vita è Rosa Rao, che ha da pocopubblicato un libro intitolato 'Le culle per la vita', con la presentazione di Carlo Casini. «Nel volume – spiega la Rao – sono elencate tutte le 42 culle italiane, è riportata la loro storia, il loro indirizzo e i numeri telefonici». Il volume si può richiedere al Mpv nazionale. Le culle per la vita hanno soprattutto un valore simbolico: ricordano alla società il triste fenomeno dell’abbandono di neonati e testimoniano la presenza di una comunità che accoglie. Il neonato lasciato nella culla della clinica Mangiagalli di Milano il 7 luglio scorso è il secondo bebè che le culle italiane hanno salvato. La prima deposizione di un bimbo in una culla per la vita è avvenuta nel 2007 all’ospedale Casilino di Roma. «È una buona notizia, il ritrovamento di questo bimbo – commenta Rosa Rao –. È evidente anche l’affetto della madre, che ha lasciato nella culla anche qualche vestitino. Ammiriamo queste donne perché in un momento per loro drammatico dimostrano, comunque, un senso di grande responsabilità e compiono il gesto d’amore di dare il loro figlio ad altre famiglie che hanno meno problemi. Spero che la notizia di questo ritrovamento sollevi dalla disperazione altre donne». Rosa Rao non nasconde però amarezza: «Siamo amareggiati – dice – perché le istituzioni non ci aiutano a divulgare questo servizio, nato spontaneamente dal popolo per la vita e poi diffusosi attraverso altre associazioni ed altri enti».
17 luglio 2012

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